A
Accountability
Accountability indica la capacità delle amministrazioni di rendere conto della correttezza del proprio operato e dei propri processi decisionali. In base a questo principio, strettamente collegato a quello di trasparenza, ogni intervento regolativo, atto amministrativo o politica pubblica deve provenire da un’autorità ben identificabile, che si configuri come responsabile della sua implementazione e che sia quindi capace (ability) di darne conto e risponderne (account). Condizione di un’effettiva accountability è la creazione di un sistema valutativo delle politiche, delle norme e degli atti posti in essere, che preveda - fra l’altro - l’individuazione di un responsabile per ogni policy, in grado di chiarire eventuali dubbi circa la trasparenza della gestione e/o della legittimazione di un dato esito del processo decisionale. Dalla possibilità di imputare ai titolari di responsabilità politiche gli effetti delle scelte operate (accountability) dovrebbe discendere la consapevolezza del proprio ruolo nell’agire sociale (responsiveness). Fonte: Osservatorio Politiche Partecipative del Centro Studi Giuridici e Politici dell'Assemblea Legislativa della Regione Umbria
Action Planning
Action Planning è un metodo di progettazione partecipata di origine anglosassone, che serve a individuare i bisogni, definire i problemi in un determinato contesto territoriale attraverso il contributo della comunità locale e arrivare a formulare le linee di intervento insieme a coloro che conoscono i disagi, perché li affrontano quotidianamente. Il processo si articola in diverse fasi, si parte generalmente da domande di ampio respiro e la caratteristica essenziale è che tutte le opinioni e idee in merito vengono espresse da ciascun partecipante utilizzando post-it da attaccare su ampi cartelloni. Alcune regole generali vengono esplicitate all’inizio degli incontri, ma si tratta di principi molto chiari e semplici. Si ricostruisce l’immagine che gli abitanti hanno del proprio contesto (ad esempio il quartiere), evidenziando gli attuali aspetti positivi e negativi. Poi si invitano le persone ad esprimere delle previsioni sui cambiamenti che interesseranno il quartiere, sugli effetti attesi sia favorevoli che svantaggiosi. Il passaggio finale, che potrebbe definirsi come l’obiettivo conclusivo della giornata, è quello di individuare alcuni principi, o linee guida, che possano permettere di assicurare il raggiungimento degli effetti positivi e prevenire quelli negativi. Per cominciare a definire un possibile piano d’azione sono necessarie almeno 3 o 4 sessioni di lavoro, articolate nel corso di uno o due mesi. L’Action Planning, così come altre tecniche di progettazione, rappresenta una valida alternativa alla discussione di tipo assembleare, perché favorisce la partecipazione delle persone che sono meno inclini o meno preparate al dibattito pubblico, consentendo ad ogni partecipante di esprimere le proprie idee e i propri suggerimenti in maniera semplice, anonima, riflessiva e molto libera. Fonte: Luigi Bobbio “A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi”, http://focus.formez.it/sites/all/files/Bobbio%20L._A%20pi%C3%B9%20voci.pdf
Action Research - Ricerca-Azione Partecipata
Ricerca-Azione Partecipata promuove un coinvolgimento attivo dei soggetti e attori sociali significativi del territorio depositari del sapere locale. Il coinvolgimento e la partecipazione nella Ricerca-Azione da parte degli stakeholder della comunità, che sono riconosciuti non solo come portatori/portatrici di interessi, ma anche di risorse umane e strumentali, determina la successiva attivazione di un Forum Locale che, adeguatamente sostenuto, è in grado di alimentare tutte le fasi della Ricerca-Azione, finalizzata anche alla costituzione di un Gruppo Territoriale Locale. Ogni fase della Ricerca-Azione (messa a punto dello strumento di indagine, campionamento, pre-test, somministrazione, elaborazione dei dati, analisi e interpretazione, redazione del report finale, restituzione pubblica) viene discussa con il continuo e sistematico coinvolgimento degli attori sociali. Attraverso il confronto assiduo, reciproco e continuo di esperienze si determina un cambiamento graduale nelle rispettive percezioni cognitive, accompagnato dallo sviluppo delle conoscenze individuali e collettive. La diffusione dei risultati della ricerca a tutta la comunità di riferimento avviene tramite gli stakeholder, ed essi stessi, da cittadini/e di prossimità, diventano punti centrali e riconosciuti della comunità sulle tematiche indagate. Fonte: Luigi Bobbio “A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi”, http://focus.formez.it/sites/all/files/Bobbio%20L._A%20pi%C3%B9%20voci.pdf
Agenda 21 (A21L)
È il Programma d’Azione dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile approvato a Rio de Janeiro nel 1992 e sottoscritto da oltre 170 nazioni, da applicare su scala nazionale e locale. Nel 1994, con la Carta di Aalborg, nell’ambito della Campagna per le Città Europee sostenibili, nasce l’agenda 21 locale. Nei vari continenti sono attivi network di enti locali dedicati all’A21L e sono in corso esperienze di A21L con numerosi progetti di sostenibilità e varie modalità di partecipazione. Fonte: https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutti-i-progetti/agende-21
Agenda setting
Agenda setting (letteralmente: impostazione dell’agenda) è un’espressione inglese riferita al processo tramite cui alcuni problemi vengono selezionati per essere considerati e posti all’attenzione pubblica in un determinato momento e luogo. È definito come una continua competizione tra soggetti che propongono questioni da discutere, finalizzata ad ottenere l’attenzione dei media, del pubblico e delle élite politiche. Identifica anche una teoria sociologica secondo la quale l’esposizione a determinate priorità nella diffusione delle notizie da parte dei media struttura la visione degli eventi nelle opinioni del pubblico. Fonte: Fabiola De Toffol e Alessandra Valastro “Dizionario di democrazia partecipativa”, https://www.regione.toscana.it/documents/10180/1393902/diz_democrazia_partecipativa_materiali.pdf/627b9269-b91c-4765-866c-3d160e0a1f9c
Amministrazione condivisa
Amministrazione condivisa è un modello di azione amministrativa che intende contrapporsi a quello tradizionale dell’amministrazione quale esercizio di un potere impositivo e unilaterale, messo in discussione con la progressiva apertura del procedimento amministrativo (diritto di accesso, partecipazione al procedimento, comunicazione pubblica, ecc.). Il modello dell’amministrazione condivisa si fonda su una visione sostanzialmente paritaria del rapporto fra decisore e cittadino, pur nel riconoscimento di compiti e responsabilità distinte, e sulla valorizzazione di strumenti di dialogo e collaborazione. Fonte: Fabiola De Toffol e Alessandra Valastro “Dizionario di democrazia partecipativa”, https://www.regione.toscana.it/documents/10180/1393902/diz_democrazia_partecipativa_materiali.pdf/627b9269-b91c-4765-866c-3d160e0a1f9c
Animazione territoriale
Animazione territoriale è un approccio molto simile all’Outreach e viene usata soprattutto nei progetti di sviluppo locale concertati (patti territoriali, progetti integrati territoriali, ecc.). Con il termine animazione territoriale (o animazione sociale) si intende comunemente tutto ciò che va ad incrementare il grado di sensibilizzazione e di partecipazione degli attori locali intorno a problemi comuni e strategie che interessano l’area di appartenenza. È anche una modalità per giungere ad un buon grado di lettura e analisi del contesto locale secondo una logica di tipo bottom up. L’attività di animazione ne incorpora infatti una più tipicamente conoscitiva, ossia di indagine territoriale, altrimenti detta di ricerca-azione, finalizzata ad acquisire in modo sistematico informazioni quantitative e qualitative relative agli elementi di forza del territorio (su cui puntare ed investire) e agli elementi di debolezza dello stesso (a cui far fronte mediante progetti di sviluppo locale). Secondo questa prospettiva, lo sviluppo socioeconomico passa attraverso un approccio progettato e gestito in prima persona da attori pubblici e privati di un dato contesto (enti locali, rappresentanze degli interessi, autonomie funzionali, terzo settore, ecc.) lungo quattro fasi fondamentali: 1. la dinamizzazione e la sensibilizzazione dell’area territoriale; 2. l’acquisizione e la socializzazione di informazioni ed esperienze; 3. l’incremento della cooperazione tra gli attori; 4. l’elaborazione condivisa di progetti di sviluppo territoriale. Fonte: Luigi Bobbio “A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi”, http://focus.formez.it/sites/all/files/Bobbio%20L._A%20pi%C3%B9%20voci.pdf
Appreciative Inquiry
Appreciative Inquiry è uno strumento di diagnosi che dirige l’intelligenza collettiva del gruppo sui campi di azione più densi di motivazione. L’approccio consiste nel leggere i processi di cambiamento che interessano le organizzazioni e le comunità attraverso le motivazioni, le impressioni delle persone e dei diversi attori. Il processo può essere organizzato in forma di intervista - e quindi avere una durata di 20-30 minuti – o di iniziativa strutturata come ad esempio un grande evento, che può durare anche quattro giorni. Il nucleo fondamentale dell’Appreciative Inquiry consiste nell’intervista di valutazione, eseguita in quattro fasi distinte: Discovery, ovvero la comprensione del successo: i successi vengono valutati in modo da poterne determinare le caratteristiche e le cause che hanno portato al successo in passato. Dream, ovvero lo sviluppo di una visione: consiste nello sviluppo di prospettive future che tengono in considerazione le esperienze esistenti relative a successi già raggiunti e quindi puntano a un pieno utilizzo del potenziale esistente. Design, ovvero l’elaborazione di una visione: la visione si concretizza in relazione ai partner necessari, alle interazioni possibili e alle condizioni esterne fondamentali. Destiny, ovvero la realizzazione: in conclusione si definiscono le finalità e le misure necessarie al raggiungimento della visione, sia quelle occorrenti a medio termine che i successivi passi concreti da effettuare. Fonte: Genius Loci, https://www.loci.it/fare-il-facilitatore/approcci-tecniche/appreciative-inquiry
Approccio del Quadro Logico (AQL)
Approccio del Quadro Logico (AQL) si articola in due distinte fasi: la fase di analisi e quella di progettazione. Mentre nella prima viene condotta un’analisi generale della situazione, prescindendo da qualsiasi decisione sull’intervento che si intende realizzare, nella fase di progettazione vengono operate le scelte strategiche inerenti al progetto vero e proprio. Lo strumento con cui si compie la progettazione strategica è il Quadro Logico che consiste in una matrice di progettazione, largamente usata nei programmi promossi dalla Commissione europea e da altri organismi internazionali, che descrive in maniera chiara e sintetica i diversi elementi in cui si articola un’idea progettuale. Fonte: Dipartimento della Funzione Pubblica-Formez, Federico Bussi e Mariarosa Russo “Costruire la matrice del Quadro Logico”, http://fondistrutturali.formez.it/sites/all/files/7.2.6_vl_costruire_matrice_quadro_logico.pdf
Approccio partecipativo
Approccio partecipativo implica il coinvolgimento attivo dei beneficiari potenziali dei progetti di sviluppo locale nelle diverse fasi di un piano/progetto, fin dalla sua ideazione. Questo approccio, conosciuto anche come bottom-up, ha avuto un notevole successo, ma non sempre gli si attribuisce un significato univoco. In molti casi, ad esempio, esso viene interpretato come un importante fattore di democrazia locale, tuttavia le ragioni principali per cui un approccio “dal basso” si dimostra efficace nel migliorare la qualità dei progetti di sviluppo locale sono sostanzialmente di due tipi: un’attività di diagnosi strategica orientata ad un sistema territoriale circoscritto non può prescindere, sia nella fase di analisi che in quella di decisione strategica, dalla raccolta e dal confronto di elementi conoscitivi detenuti esclusivamente dai diversi gruppi di attori locali che operano nell’ambito di quel sistema. Questa constatazione, che rappresenta il “principio operativo” del bottom-up, è illustrata chiaramente nel metodo del Project Cycle Management che, messo a punto per migliorare la qualità dei progetti di cooperazione con i paesi in via di sviluppo, ha poi fortemente influenzato il sistema di procedure e raccomandazioni che riguarda tutta la programmazione dei fondi strutturali dell’UE. Si tratta di suscitare la condivisione di informazioni, percezioni, esigenze, visioni e, più in generale, conoscenze implicite ed esplicite per farle diventare “patrimonio di progetto”. È necessario creare un senso di appartenenza al progetto tra gli attori che saranno mobilitati in fase di implementazione dando evidenza di un uso convinto del bottom-up. Fonte: CNR-Formez http://focus.formez.it/sites/all/files/Glossario_PCM.pdf
Ascolto attivo
Ascolto Attivo è alla base di una comprensione reciproca tra persone appartenenti a culture diverse. Ma anche nella stessa cultura, di fronte ad una situazione complessa in cui le dimensioni del problema e gli interessi sono interdipendenti, è fondamentale osservare la realtà in modo “polifonico”, vale a dire: ascoltare tutte le voci per arricchire la visione del problema e le strategie per affrontarlo. Nella progettazione partecipata l’ascolto attivo è fondamentale, perché consente di adottare uno sguardo esplorativo, che aiuta a valorizzare la ricchezza dei punti di vista di tutti coloro che abitano un territorio o che hanno un interesse ad un problema. L’ascolto attivo richiede di passare da un atteggiamento passivo (io ho ragione-tu hai torto) ad un atteggiamento attivo, in cui si accetta che tutti possano avere ragione. L’ascolto attivo è la base di tutti gli strumenti di indagine partecipata, siano essi volti ad un territorio o alla comprensione di un problema. Fonte: Ascolto attivo- Marianella Sclavi https://ascoltoattivo.net/le-7-regole/
Assemblee dei cittadini e delle cittadine
Tra gli strumenti più noti vi sono: Citizens’ Summit; Voting Conference; Citizens’ Hearing; Town Meeting. Tutti questi tipi di strumenti coniugano una discreta qualità deliberativa, attraverso il dialogo e il confronto interattivo, con una buona rappresentatività. In genere prevedono una fase di breve presentazione dell’oggetto in discussione, supportata da documenti consegnati ai soggetti partecipanti prima dell’incontro. Le comunicazioni possono essere di vario tipo: nel Citizens’ Summit le comunicazioni vanno dalle persone partecipanti (cittadini/e) verso i politici (che si pongono come uditori); nella Voting Conference vi è una fase in cui parlano i portavoce degli attori ed esprimono le proprie posizioni controverse su vari aspetti della questione, successivamente un terzo dei cittadini e delle cittadine scelti a campione esprime le proprie posizioni, infine i cittadini e le cittadine riuniti in assemblea votano le priorità d’azione e i risultati, pur garantendo l’anonimato, compaiono per categorie (per esempio politici, esperti/e, cittadini/e); nel Citizens’Hearing si alternano fasi di discussione in plenaria e fasi in gruppo e si giunge attraverso discussioni e votazioni a definire un elenco di priorità e posizioni comuni. Tutti questi strumenti possono coinvolgere dai 200 ai 1000 partecipanti. Un’Assemblea può prevedere un campione di circa 100-150 cittadini/e. Si articola la giornata in sessioni. Ogni sessione prevede un intervento di un portavoce per ogni posizione rispetto all’oggetto (o un suo aspetto) in discussione. Le posizioni possono aggregare anche più attori. Si può creare anche un piccolo campione di cittadini/e (circa 15 persone) che, costituito prima dell’evento, esprime una propria posizione rispetto allo stato della discussione. Alla fine degli interventi dei portavoce ci possono essere alcuni interventi delle persone partecipanti all’Assemblea (in tempi e modi molto regolati e strutturati). Infine, i membri dell’Assemblea votano le posizioni e/o le priorità. Le tecnologie informatiche possono fornire un importante supporto per migliorare l’efficienza, l’affidabilità, la sicurezza e l’estensione dello strumento. Fonte: Regione Emilia-Romagna https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/servizi/linee-guida-per-la-progettazione/copy_of_gli-strumenti-di-democrazia-diretta-deliberativa-partecipativa-dddp
Attori
Attori sono tutti i soggetti destinati a svolgere un ruolo nella progettazione e realizzazione delle politiche pubbliche e nei relativi processi decisionali. Fra i soggetti qualificabili come pubblici, oltre a quelli istituzionali più tradizionalmente identificabili – come le assemblee rappresentative e gli esecutivi - possono assumere un ruolo figure organizzative che rappresentano interessi istituzionali come associazioni, organizzazioni e strutture afferenti agli enti territoriali; accanto a questi va ricordato l’apparato burocratico dell’amministrazione, ossia quell’apparato costituito da coloro che fondano la legittimazione del proprio ruolo decisionale sul possesso di specifico know-how e di precise competenze assegnate dall’ordinamento giuridico. Nell’ambito dei soggetti privati si fa invece riferimento a figure della società civile che possono a vario titolo essere coinvolte nel processo decisionale: gruppi di interesse economico, associazioni no profit, gruppi, singole persone. Fonte: Osservatorio Politiche Partecipative del Centro Studi Giuridici e Politici dell'Assemblea Legislativa della Regione Umbria
B
BarCamp
BarCamp è una “non-conferenza” i cui contenuti sono proposti da coloro che partecipano e che nasce dal desiderio delle persone di condividere e apprendere in un ambiente “aperto”, con lo scopo di favorire il libero pensiero, la curiosità, la divulgazione e la diffusione dei temi legati di solito all’innovazione, ai social media e a tutto ciò che riguarda il Web. La regola fondamentale è che tutti contribuiscano alla riuscita dell’evento presentando un’idea, una proposta, un progetto attraverso un video, delle slides o un paper, partecipando alla discussione e/o aiutando nell’organizzazione. Il giorno previsto per il BarCamp i partecipanti si incontrano in una sala e si avviano i lavori, i partecipanti sono invitati a scrivere i propri nomi e l’argomento della sessione che presentano su un foglio, ogni partecipante annuncia il titolo della propria sessione a tutta la stanza e affigge il foglio su di una parete. Quando tutte le sessioni sono state pubblicate sulla parete, i partecipanti consultano il programma che sarà stato redatto da coloro che guidano le sessioni. Il confronto e la discussione avvengono all’interno dei singoli tavoli di discussione composti dai partecipanti - al massimo 10 per tavolo - e da un facilitatore. A fine giornata i risultati di ciascun tavolo vengono illustrati agli altri tavoli e viene chiesto a tutti di esprimere un giudizio sul lavoro di ciascun gruppo, in modo da pervenire ad una sorta di graduatoria dei lavori ritenuti più interessanti e meritevoli di ulteriore (e successivo) approfondimento. Fonte: Dipartimento della Funzione Pubblica http://qualitapa.gov.it/sitoarcheologico/relazioni-con-i-cittadini/utilizzare-gli-strumenti/conferenza/barcamp/index.html
Bilancio partecipativo
Bilancio Partecipativo è uno strumento per promuovere la partecipazione della cittadinanza alle politiche pubbliche locali e, in particolare, al bilancio preventivo dell’ente cioè alla previsione di spesa e agli investimenti pianificati dall’amministrazione. Il bilancio partecipativo può essere inteso come uno strumento propedeutico e di supporto alla redazione e predisposizione del bilancio preventivo. Esso rappresenta inoltre uno strumento di ascolto, relazione e comunicazione, perché permette ai cittadini e alle cittadine di presentare le loro necessità ed esporre le problematiche locali, di valutare le spese previste nel bilancio e l’operato dell’ente, di indirizzare le scelte dell’amministrazione sugli interventi pubblici da realizzare o i servizi da implementare o migliorare. Il bilancio partecipativo è anche uno strumento di rendicontazione sociale, perché prevede momenti e materiale di informazione rivolti alla cittadinanza, riguardanti l’operato dell’ente, gli investimenti fatti e gli interventi previsti. Questo percorso di partecipazione è supportato dalla comunicazione e dall’uso di strumenti per informare, coinvolgere e per raccogliere le idee e i suggerimenti della comunità di cittadini/e. In sintesi i principali obiettivi che il bilancio partecipativo persegue sono: facilitare il confronto con la cittadinanza e promuovere scelte e decisioni condivise, riducendo anche i conflitti; rispondere in modo più efficace, alle necessità dei cittadini e delle cittadine assicurando una maggiore corrispondenza tra bisogni da soddisfare e risorse disponibili; coinvolgere i/le cittadini/e nel processo della gestione pubblica attraverso forme di democrazia diretta; ricostruire un rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini/e. Non esiste un unico modello di bilancio partecipativo; sulla base delle sperimentazioni e dei progetti realizzati, è possibile, infatti, individuare differenti percorsi di definizione e attuazione di questo strumento. Le valutazioni e le proposte della cittadinanza generalmente non riguardano l’intero bilancio, ma una parte del budget dell’ente, uno o più capitoli di spesa del bilancio che interessano direttamente la comunità locale (come, per esempio, i trasporti locali o le politiche culturali e sociali). Un processo partecipativo al bilancio pubblico può essere suddiviso in tre macrofasi: 1. Informazione e comunicazione: si pianifica la comunicazione verso la comunità, si predispongono gli strumenti (sito web, social network, forum, campagna di comunicazione, pubblicazioni, depliant, ecc.) e si informa la cittadinanza sull’iniziativa e sulle modalità di svolgimento; 2. consultazione e partecipazione: si attiva il processo di consultazione e di partecipazione, si organizzano e realizzano gli incontri, si gestiscono gli strumenti e i momenti di partecipazione; 3. valutazione, definizione e diffusione: l’amministrazione valuta la fattibilità delle proposte e decisioni raccolte, definisce il bilancio e ne informa la cittadinanza. Alcune azioni dovrebbero essere incluse nella pianificazione di un processo di bilancio partecipativo: definizione degli obiettivi; scelta del modello; definizione dei soggetti da coinvolgere; scelta e pianificazione degli strumenti; definizione delle modalità di partecipazione (fisica/virtuale, tempi e modi, votazione ecc.); definizione di un regolamento e diffusione; pianificazione e organizzazione del programma e degli incontri; diffusione dei risultati; pianificazione del bilancio in base ai risultati; diffusione del bilancio e feedback del processo partecipativo. Fonte: Dipartimento della Funzione Pubblica http://qualitapa.gov.it/sitoarcheologico/customer-satisfaction/ascolto-e-partecipazione-dellutenza/bilancio-partecipativo/
Brainstorming
Brainstorming è un metodo che ha lo scopo di sviluppare soluzioni creative ai problemi. L’obiettivo del brainstorming è la produzione di “possibili soluzioni per un problema specifico”. Alla base vi è l’idea del gioco quale dimensione leggera che permette di liberare la creatività dei singoli e del gruppo e che normalmente è impedita da una serie di inibizioni. Il gruppo ideale non dovrebbe essere superiore ad una quindicina di persone, riunite comodamente attorno ad un tavolo o sedute in un salotto. Una volta messo a fuoco il problema e fissato un tempo limite per l’incontro, ciascuno esprimerà come soluzione al problema la “prima idea che gli viene in mente”, in rapida sequenza e per associazione di idee. Il brainstorming premia soluzioni il più possibile assurde, nella convinzione che più le proposte sono ridicole e più saranno interessanti e utili per individuare alla fine la soluzione migliore. Esse saranno sottoposte ad un processo sempre più affinato di rielaborazione, di approfondimento, di revisione, da parte del gruppo, rifacendosi via via alle idee proposte da altri/e partecipanti, in modo da trasformare il carattere irrealizzabile e fantasioso delle idee iniziali in proposte sempre più pratiche e fattibili. La regola fondamentale del brainstorming è che i soggetti partecipanti non devono assolutamente esprimere giudizi sulle idee proposte dagli altri. L’obiettivo è infatti quello di produrre nuove idee, mentre il giudizio introduce un elemento di freno e induce atteggiamenti difensivi. Il brainstorming è condotto da un facilitatore, il quale deve fare attenzione a: proporre il problema iniziale in modo chiaro e semplice; invitare le persone partecipanti a sospendere il giudizio; favorire le idee estreme e spiazzanti e ad accogliere qualsiasi idea espressa; scrivere, su una lavagna o altro, per esempio su foglietti adesivi, tutte le idee espresse, in modo che siano visibili a tutti e possano essere utilizzate per successive elaborazioni; incoraggiare le persone a elaborare variazioni sulle idee espresse da altri. Quando conviene organizzare un brainstorming? Quando abbiamo di fronte un problema relativamente semplice o ben definito e quando abbiamo bisogno di trovare soluzioni non scontate. Fonte: Luigi Bobbio “A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi”, http://focus.formez.it/sites/all/files/Bobbio%20L._A%20pi%C3%B9%20voci.pdf
C
Camminata di quartiere
Camminata di quartiere (o visita sul campo) è utilizzata per lo più in tema urbanistico o ambientale. Permette ai tecnici e agli esperti/e di conoscere e valorizzare i saperi taciti e i punti di vista propri di chi vive un territorio e agli abitanti di entrare in contatto con le competenze e i dati in possesso di tecnici ed esperti/e. Si tratta di una o più passeggiate o visite, durante le quali piccoli gruppi di residenti (10-30) guidano i tecnici e gli esperti/e nella zona di interesse, accompagnando la camminata con racconti, domande, e condividendo osservazioni e percezioni riguardanti il tema in discussione; le persone eventualmente incontrate lungo la strada sono a loro volta invitate a fornire informazioni e contributi, e/o ad unirsi al gruppo. Al termine della passeggiata, di solito, il gruppo dei partecipanti viene riunito in una sala per elaborare insieme le considerazioni conclusive relative all’esperienza svolta e viene offerto loro un buffet. Fonte: Regione Emilia-Romagna, “PartecipAzioni: sostantivo plurale. Guida metodologica per la gestione di processi di partecipazione integrata”, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/partecipazione-1/partecipazioni-guida-metodologica-processi-partecipativi-integrati
Capacity Building
Nel contesto della partecipazione pubblica, il capacity building è un processo in cui un'agenzia sponsor (l'organizzazione responsabile di informare il pubblico e di ottenere il contributo del pubblico per influenzare un processo decisionale; questo include i responsabili delle decisioni all'interno dell'organizzazione e chiunque altro nell'organizzazione possa influenzare la decisione o il processo di partecipazione pubblica) o un facilitatore migliora la capacità delle parti interessate e delle comunità di impegnarsi reciprocamente per partecipare a un processo decisionale. Fonte: EPA (Environmental Protection Agency) United States https://www.epa.gov/international-cooperation/public-participation-guide-glossary-guide-terms
Carta della partecipazione
Carta della partecipazione, predisposta dalla Associazione italiana per la partecipazione pubblica, definisce i principi base che, se tutti presenti, possono assicurare un processo partecipativo di qualità. La Carta della Partecipazione, in modalità open source e periodicamente aggiornata, ha lo scopo di accrescere la cultura della partecipazione e sviluppare linguaggi e valori comuni. Fonte: Associazione italiana per la partecipazione pubblica https://www.aip2italia.org/carta-della-partecipazione/
Charrette
Charrette è un processo di progettazione urbana partecipata nell’ambito del quale un team multidisciplinare (formato da cittadine e cittadini/e, rappresentanti di gruppi d’interesse, decisori politici e da esperti/e della materia) lavora in modo collaborativo e trasparente alla soluzione di questioni che riguardano la pianificazione urbanistica e territoriale. Una Charrette dura come minimo quattro giorni consecutivi, ma può protrarsi anche più a lungo. Nei casi ideali, qualche settimana prima dell’avvio del processo “Charrette principale” viene condotto un cosiddetto “mini-Charrette”, nel corso del quale s’illustra il progetto. Qualche settimana dopo la fine della fase di progettazione e discussione vera e propria, nell’ambito di un’assemblea conclusiva si danno informazioni sull’uso che verrà fatto delle idee progettuali raccolte. In linea di massima il processo è aperto a tutti i soggetti interessati. Il team dei progettisti/e può invitare, in maniera mirata, persone coinvolte direttamente dal progetto e abitanti delle zone limitrofe. Nonostante il suo approccio flessibile, anche per il processo Charrette valgono le opportunità e i limiti di fondo propri dei metodi partecipativi che coinvolgono gruppi più ampi di persone. Se si riescono ad integrare più interessi, in questo caso un processo Charrette è in grado di assicurare il più ampio consenso possibile. Fonte: Patrizia Nanz e Miriam Fritsche “La partecipazione dei cittadini: un manuale. Metodi partecipativi: protagonisti, opportunità e limiti”, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/la-partecipazione-dei-cittadini-un-manuale/index.html
Citizen Jury (Giuria dei cittadini e delle cittadine)
Citizen Jury (giuria dei cittadini) è uno strumento di democrazia deliberativa in cui un gruppo di persone estratte a sorte (20-25) è chiamato, al termine di un percorso di più incontri di discussione, ad esprimere delle raccomandazioni su un dato problema di interesse collettivo. La discussione è supportata da esperti/e, scelti in modo da coprire tutti gli orientamenti, compresi i pro e i contro, su quel dato tema; il confronto è moderato da facilitatori in modo tale da garantire l’ascolto reciproco, il dialogo e la formulazione dei quesiti agli esperti/e. Tutto lo sforzo è orientato a far crescere la consapevolezza dei e delle partecipanti verso l’argomento da trattare, sia attraverso il confronto con punti di vista diversi, sia attraverso l’acquisizione di dati e informazioni. La Giuria si conclude con un responso che non è un verdetto ma è un orientamento, non necessariamente unanime, sulle azioni da intraprendere in relazione al tema oggetto della discussione. Fonte: Regione Emilia-Romagna, “PartecipAzioni: sostantivo plurale. Guida metodologica per la gestione di processi di partecipazione integrata”, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/partecipazione-1/partecipazioni-guida-metodologica-processi-partecipativi-integrati
Citizens’ panel
Citizens’ Panel è una consultazione pubblica che si svolge con regolarità, 3-4 volte ogni anno. Il numero dei partecipanti che vengono interpellati - e che insieme costituiscono il “panel” - va da 500 a 2500 persone. La selezione dei componenti di un panel viene fatta in modo da garantire che esso sia rappresentativo della popolazione di riferimento. Questo metodo partecipativo trae origine dai sondaggi di opinione propri delle ricerche di mercato. Al contrario di quanto accade nei sondaggi tradizionali, nel caso dei Citizens’ panel la consultazione viene condotta con cadenze regolari e con un gruppo permanente di partecipanti. Fonte: Patrizia Nanz e Miriam Fritsche “La partecipazione dei cittadini: un manuale. Metodi partecipativi: protagonisti, opportunità e limiti”, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/la-partecipazione-dei-cittadini-un-manuale/index.html
Co-decisione / Co-governance
Quando all’avvio di un evento partecipativo si stabilisce che i soggetti direttamente coinvolti e le persone interessate possono co-decidere in merito all’ideazione e alla realizzazione di un progetto, si può parlare di co-decisione o di co-governance. In questi casi si ha la garanzia che le raccomandazioni espresse dalle e dai partecipanti verranno recepite all’interno del successivo iter decisionale. Co-governance significa che s’incide direttamente sulle decisioni politiche. La co-governance può arrivare a configurarsi come responsabilità decisionale posta direttamente nelle mani delle cittadine e dei cittadini. In realtà ciò si verifica raramente, poiché presuppone che in precedenza le autorità e gli attori abbiano ceduto alle persone coinvolte il pieno potere decisionale, senza porre alcun veto. In genere sono i Town Meeting del 21°secolo e i Bilanci partecipativi che presentano le condizioni potenziali per realizzare la co-decisione e la co-governance. Fonte: Patrizia Nanz e Miriam Fritsche “La partecipazione dei cittadini: un manuale. Metodi partecipativi: protagonisti, opportunità e limiti”, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/la-partecipazione-dei-cittadini-un-manuale/index.html
Collaborazione/coinvolgimento attivo
Collaborazione/coinvolgimento attivo è un approccio che prevede l’attivazione di processi negoziali supportati da tecniche complesse, finalizzato a prendere decisioni condivise tra Amministrazione e stakeholder. Questo livello prevede pertanto un ruolo attivo e dinamico di collaborazione e coinvolgimento attivo dei portatori di interesse interno al processo decisionale. L’approccio di coinvolgimento attivo ha una duplice funzione: da un lato si vogliono ricercare spazi e modalità di interazione con i soggetti di un territorio in grado di rappresentare bisogni ed istanze specifiche, dall’altro si ritiene utile apportare più contributi e più punti di vista alla soluzione dei problemi complessi che si presentano nel governo della comunità locale. Tale approccio va ad impattare sulle modalità di funzionamento dell’Ente locale inducendo l’implementazione di strumenti nuovi da affiancare ai tradizionali strumenti di rappresentanza generale degli interessi dei cittadini, i quali a loro volta determinano necessariamente una rivisitazione degli attuali processi decisionali. Nell’ottica di realizzare politiche multi-attore in grado di condividere le scelte pubbliche con altre Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni, cittadini del proprio territorio è quindi necessario che le Amministrazioni mettano a sistema una metodologia in grado di agevolare l’inclusione di questi soggetti nei processi decisionali. Tale metodologia dovrà pertanto avere una struttura processuale finalizzata all’inclusione e alla partecipazione degli stakeholder e dei soggetti interessati sia alle decisioni da assumere (processi decisionali inclusivi) che alla gestione e alla valutazione delle decisioni assunte. L’attivazione di processi decisionali inclusivi presuppone che gli stakeholder individuati "possano esprimersi, dispongano di informazioni adeguate, provino ad ascoltarsi e a capirsi, siano messi in condizione di arrivare, se è possibile, a soluzioni condivise o, se non è possibile, a trattare esplicitamente i loro conflitti". Fonte: Dipartimento della Funzione pubblica http://qualitapa.gov.it/sitoarcheologico/customer-satisfaction/ascolto-e-partecipazione-dellutenza/processi-decisionali-inclusivi/
Comitato di garanzia locale
Il Comitato di garanzia locale è previsto dall'art. 12, comma 4, lett. d) della l.r. n.15/2018 dell’Emilia-Romagna. Svolge la funzione di verifica del rispetto dei tempi e delle azioni previste dal processo partecipativo, dell’applicazione dei metodi e del rispetto del principio di imparzialità dei conduttori/ facilitatori. Il Comitato può svolgere anche funzioni di monitoraggio del processo, sia durante il percorso stesso, che dopo la conclusione per la “verifica” degli esiti e della loro attuazione. Fonte: https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/la-legge-e-il-bando/legge-regionale-partecipazione/la-legge-regionale-n-15-2018
Comitato di pilotaggio (CdP)
Il Comitato di pilotaggio (CdP), nella definizione offerta dal Tecnico di garanzia della Partecipazione dell’Emilia-Romagna, è un gruppo formato da delegati degli attori coinvolti in un processo partecipativo con il compito di seguirlo dal punto di vista metodologico. Sorveglia il rispetto del programma stabilito, delle regole, dello stile imparziale dei conduttori delle discussioni e la congruenza degli atti e delle comunicazioni degli enti responsabili rispetto agli esiti del processo. I/le componenti del Comitato di pilotaggio è opportuno che siano persone con una certa conoscenza delle pratiche di discussione pubblica, anche se formate in vari campi e non necessariamente impegnate in campo professionale nell’ambito delle tecniche partecipative. Fonte: Regione Emilia-Romagna, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/servizi/linee-guida-per-la-progettazione/copy_of_il-comitato-di-pilotaggio
Community lab
Community Lab è un metodo promosso dalla Regione Emilia-Romagna (Agenzia sanitaria e sociale regionale e Direzione generale Cura della persona, salute e welfare) a partire dal 2011 con la finalità di innovare le politiche pubbliche e attivare processi collettivi, anche attraverso forme innovative di partecipazione delle comunità locali. Il Community lab ha lo scopo di creare opportunità e condizioni affinché i contesti locali (distretti socio-sanitari, unioni di comuni, comuni singoli, quartieri, strade, condomini) possano innovare i rapporti fra istituzioni e cittadini/e ed accrescere il contributo della comunità al cambiamento nelle politiche pubbliche e nelle organizzazioni che si occupano di servizi sociali e socio-sanitari. Fonte: Regione Emilia-Romagna, https://assr.regione.emilia-romagna.it/attivita/innovazione-sociale/cl/intro
Comportamenti di partecipazione pubblica
Comportamenti che incarnano i principi di un'autentica partecipazione pubblica e danno il tono al processo di partecipazione pubblica. Tra questi vi sono: Trasparenza - l'atto di promuovere la responsabilità e di fornire informazioni ai cittadini su ciò che il governo sta facendo. Apertura - l'atto di includere molteplici interessi e parti interessate nel processo decisionale. Umiltà - l'atto di fare qualcosa nell'interesse di un'altra persona o di un gruppo di persone. Rispetto - l'atto di onorare qualcuno o qualcosa mostrando sentimenti positivi attraverso il linguaggio o i gesti. Onestà - l'atto di fare qualcosa che è considerato giusto e sincero. Affidabilità - l'atto di fare qualcosa che ci si aspetta o che è stato promesso. Flessibilità - l'atto di cambiare in base alle circostanze o di cambiare a causa della persuasione o considerando più opzioni. Resilienza - l'atto di riprendersi rapidamente da una battuta d'arresto. Fonte: EPA (Environmental Protection Agency) United States https://www.epa.gov/international-cooperation/public-participation-guide-glossary-guide-terms
Concertazione
Con il termine concertazione ci si riferisce ad una pratica di governo basata sul confronto e la partecipazione alle decisioni politiche da parte delle organizzazioni rappresentative di interessi. È un possibile livello di partecipazione basato sul confronto negoziale e la ricerca di accordi, rispetto ai quali le parti contraenti si impegnano ad uniformare le scelte e i comportamenti di propria competenza. Mira a creare forme di partenariato stabile fra istituzioni e stakeholder, attivando il confronto fra soggetti istituzionali, autonomie funzionali e soggetti privati per individuare soluzioni a problemi generali o settoriali. Pur trattandosi di una forma di partecipazione, la concertazione si differenzia dagli istituti della democrazia partecipativa strettamente intesa: a) essa non ha scopo conoscitivo bensì politico, in quanto mira a consentire forme di mediazione sul contenuto della decisione; b) non è inclusiva, poiché si rivolge a categorie e gruppi sociali precostituiti; c) non riguarda l’intero processo decisionale ma si esaurisce nella fase iniziale dello stesso; d) non mira alla rilevazione del più ampio quadro di opinioni e informazioni in vista del soddisfacimento dell’interesse generale bensì alla conciliazione di interessi antagonisti. Fonte: Fabiola De Toffol e Alessandra Valastro “Dizionario di democrazia partecipativa”, https://www.regione.toscana.it/documents/10180/1393902/diz_democrazia_partecipativa_materiali.pdf/627b9269-b91c-4765-866c-3d160e0a1f9c
Conflict Assessment
Conflict Assessment è un’indagine condotta nella fase preliminare di un processo di mediazione dei conflitti e viene svolta attraverso colloqui confidenziali con i principali esponenti dei diversi interessi presenti in un territorio. L’obiettivo è costruire una mappatura del conflitto, così da poter avere un’idea chiara degli interessi in gioco, per favorire la partecipazione degli attori interessati proponendo un obiettivo capace di suscitarne l’interesse. Si mettono a fuoco i motivi per cui gli attori della controversia hanno assunto una certa posizione, quali sono le loro proposte, qual è la loro disponibilità a partecipare ad un processo di mediazione, ma anche quale potrebbe essere lo scopo di un processo affinché essi lo ritengano accettabile. Questa attività è fondamentale per analizzare conflitti già manifesti, ma lo è altrettanto per altri conflitti latenti, che potrebbero emergere sui territori a seguito dell’avanzamento di un progetto di trasformazione. Conoscere anticipatamente le cause, le dimensioni e le dinamiche dei possibili conflitti consente di tenerne conto sin dalla fase di progettazione, in modo da assumere decisioni strategiche e consapevoli sia in relazione al processo stesso che alle caratteristiche dell’opera. Fonte: Beyond Intractability, https://www.beyondintractability.org/coreknowledge/conflict-assessment#:~:text=Conflict%20assessment%20is%20the%20first,on%20a%20plan%20of%20action
Confronto creativo
Confronto Creativo prevede sette condizioni: 1 inclusione di una cerchia più ampia e completa possibile di tutti i portatori di interessi, di preoccupazioni, di punti di vista relativi al tema in discussione; 2. un tema che sia significativo per le persone che partecipano e che abbia un impatto duraturo nel tempo; 3. le persone costruiscono delle regole ad hoc relative ai propri comportamenti e al processo decisionale che vogliono adottare; 4. un processo che parta dalla comprensione dei reciproci interessi e non dalla negoziazione delle posizioni; 5. un dialogo in cui la comprensione degli interessi, preoccupazioni, desideri sottostanti alle posizioni porti all’invenzione congiunta di nuove proposte giudicate migliori dal numero più vasto possibile di partecipanti; 6. la ricerca di un esito riconosciuto da tutti come il risultato di un lavoro creativo condiviso, nel quale non ci sono vincitori e perdenti, giudicato accettabile anche dai meno entusiasti; 7. la comprensione del fatto che un accordo è raggiunto soltanto quando tutti gli interessi in campo sono stati esplorati e tutti gli sforzi sono stati fatti per soddisfare quanto li concerne. Fonte: Marianella Sclavi, Lawrence E. Susskind “Confronto creativo. Come funzionano la co-progettazione creativa e la democrazia deliberativa. Perché ne abbiamo bisogno”, 2017, Ipoc
Consensus Building
Consensus Building (o anche Trasformazione dei conflitti) è una metodologia inizialmente proposta dall’Harvard Negotiation Project, che consente di affrontare -spesso con l’assistenza di un mediatore o di una mediatrice- situazioni di conflitto con l’intento di trasformarle, portando le persone ad assumere un punto di vista comune e cercando di raggiungere un accordo che offra vantaggi a tutte le parti in causa. La base teorica è costituita dall’idea che la negoziazione possa essere svolta in modo integrativo o creativo, lavorando sugli interessi anziché sulle posizioni delle parti. Fonte: Luigi Bobbio e Gianfranco Pomatto, “Modelli di coinvolgimento dei cittadini nelle scelte pubbliche” https://www.eurodesk.it/sites/default/files/imce/users/user1/bobbbio-pomatto-modelli-di-coinvolgimento.pdf
Consensus Conference
Consensus Conference è un metodo ideato dal Danish Board of Technology, sviluppato per affrontare in particolare i temi più delicati e complessi che riguardano la scienza e le sue applicazioni tecnologiche. La sua preparazione coinvolge un gruppo di esperti e lo svolgimento prevede un evento in cui un campione di cittadini/e (14-16 membri) si impegna a prepararsi per tempo sulla questione e a discuterla in una conferenza finale con esperti/e, politici, funzionari pubblici e amministratori/trici di imprese o organizzazioni. Nella fase preparatoria il panel si confronta sul tema e si prepara per la conferenza, richiedendo materiale specifico ai curatori del processo e richiedendo i/le testimoni esperti/e necessari (circa 25 esperti/e). Nel corso del secondo incontro conclusivo gli esperti/e rispondono alle domande del panel, dopodiché il panel si riunisce e formula un documento finale che deve raggiungere il consenso di tutti i membri. Tale documento viene successivamente presentato agli esperti/e che possono intervenire nuovamente e correggere eventuali errori. Al termine del percorso il documento viene discusso con la stampa e il pubblico in generale. Fonte: Regione Emilia-Romagna, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/servizi/linee-guida-per-la-progettazione/copy_of_gli-strumenti-di-democrazia-diretta-deliberativa-partecipativa-dddp
Creative problem solving
Creative Problem Solving è un approccio che si rivela particolarmente utile ogni qualvolta sia necessario prendere delle decisioni non convenzionali, caratterizzate da un alto grado di innovatività. Alla base c’è l’idea che, per migliorare la creatività di un gruppo sia prima di tutto necessario dare più spazio all’immaginazione ed ai contributi di ciascun partecipante, per poi procedere in un secondo momento alla loro selezione. Per questo ciascuna attività è caratterizzata da due diverse fasi di lavoro. Fase divergente: è la fase di esplorazione e ricerca. Serve ad ampliare il modo di guardare e pensare, aiutando un gruppo a prendere in considerazione un numero più elevato di possibili alternative. A partire da un esame di ciò che si conosce, si sviluppa attraverso la sistematica aggiunta di nuovi elementi e dati che consentono di guardare in modo diverso ciò su cui si sta ragionando. Fase convergente: è la fase delle scelte e delle decisioni a partire dall’analisi dei dati raccolti nella fase divergente, attraverso la progressiva semplificazione del ragionamento ed identificazione degli elementi più rilevanti, porta il gruppo a scegliere di lavorare su una cosa piuttosto che un’altra. Fonte: Genius Loci, https://www.loci.it/fare-il-facilitatore/approcci-tecniche/creative-problem-solving
Crowdlab ®
Voce in corso di revisione
Crowdsourcing
Crowdsourcing (da crowd -moltitudine e outsourcing - esternalizzare una parte delle proprie attività), è stato coniato nel 2006 da Jeff Howe. Indica una pratica sempre più diffusa che consiste nel rivolgersi alla comunità virtuale per la ricerca di soluzioni, idee e contenuti. In particolare, si tratta di una forma di partecipazione on line tramite cui un individuo, un’istituzione, un’organizzazione no-profit o un’impresa richiede ad un gruppo di persone non organizzate di assumersi volontariamente un compito, che spesso coincide con il contributo allo sviluppo di un progetto, di un servizio o di un prodotto. Si può contribuire apportando idee, lavoro, denaro, conoscenza o esperienza, ed il processo avviene attraverso l’uso di strumenti web: l’enciclopedia Wikipedia è un esempio di crowdsourcing volontario. Organizzazioni e singoli individui possono attingere a competenze di ogni tipo sparpagliate nella rete, valorizzando le potenzialità dell’intelligenza collettiva. Fonte: Fabiola De Toffol e Alessandra Valastro “Dizionario di democrazia partecipativa”, https://www.regione.toscana.it/documents/10180/1393902/diz_democrazia_partecipativa_materiali.pdf/627b9269-b91c-4765-866c-3d160e0a1f9c
D
Débat public
Débat public è una forma di partecipazione che avviene a monte del processo decisionale relativo a un progetto o nel corso dell'elaborazione di un piano o di un programma. Il débat public (dibattito pubblico) e la concertation préalable (concertazione preliminare) consentono alla cittadinanza di discutere l'opportunità di realizzare un certo progetto, gli obiettivi e le caratteristiche principali dello stesso o gli obiettivi di piani e programmi, le implicazioni socio-economiche e i principali impatti sull'ambiente e sulla gestione del territorio. Il dibattito pubblico e la concertazione preliminare consentono anche di discutere delle varie soluzioni alternative - ivi compresa, per i soli progetti, la possibilità che il progetto non venga realizzato (la c.d. "opzione zero") - e delle modalità di informazione e comunicazione che dovranno essere garantite nel corso del processo di realizzazione del progetto. Fonte: “Una nuova forma di partecipazione: il dibattito pubblico sulle grandi opere infrastrutturali” dossier di Esperienze a cura di STEFANO MARCI, Senato della Repubblica, 2018
Decidim
Decidim è una piattaforma digitale per la partecipazione dei cittadini progettata interamente con software libero, aperto e collaborativo nei contenuti grazie alla comunità Metadecidim. Porta la deliberazione, la collaborazione e la decisione a una dimensione ampia consentendo la partecipazione di migliaia di persone in tempo reale. Promuove il voto pertinente attraverso le consultazioni. Grazie alla sua architettura modulare e alla logica scalabile, è possibile configurare un efficace e innovativo sistema di governance democratica in tutti i tipi di organizzazioni. Decidim garantisce trasparenza, tracciabilità e integrità delle informazioni. Garantisce sicurezza, privacy e riservatezza a tutti i partecipanti. Fonte: Decidim, https://decidim.org/
Deliberative Polling®
Deliberative Polling® è un sondaggio deliberativo, ideato da James Fishkin, che nasce dalla necessità di fornire all’opinione pubblica la possibilità di compiere scelte consapevoli e informate su temi di grande rilevanza, percepiti come complessi, controversi e portatori di incomprensioni, allarmi, a volte pregiudizi. Questa tecnica prevede la selezione di campioni casuali e rappresentativi della popolazione di riferimento: dopo aver somministrato un questionario ad ogni campione – mirato a rilevare le opinioni individuali sul tema che si vuole affrontare – i partecipanti vengono convocati per un fine settimana deliberativo. I due modelli base, che possono essere abbinati, sono quelli dell’interazione faccia-a-faccia e dell’interazione on line. Si tratta di una tecnica a metà fra un esperimento scientifico e una consultazione: nel sondaggio deliberativo i partecipanti sono in vario modo stimolati a partecipare attivamente e a documentarsi; nella realtà di tutti i giorni, invece, i cittadini possono avere resistenze a documentarsi su tutto quello che ha a che fare con temi di rilevanza politica, anche perché quest’ultima è sempre più di frequente investita di valori negativi. Fonte: Fabiola De Toffol e Alessandra Valastro “Dizionario di democrazia partecipativa”, https://www.regione.toscana.it/documents/10180/1393902/diz_democrazia_partecipativa_materiali.pdf/627b9269-b91c-4765-866c-3d160e0a1f9c
Democrazia deliberativa
Democrazia deliberativa è basata sulla discussione pubblica tra individui liberi ed eguali, da cui trae la propria legittimità. Non è quindi da intendersi come decisione, ma come discussione che precede una decisione. La democrazia deliberativa viene distinta in deliberazione strategica o negoziale (gli attori partecipanti cercano di aggiustare le loro preferenze in modo da realizzare i propri interessi-desideri) e deliberazione non strategica o dialogica (cambiamento degli orientamenti dei soggetti partecipanti coinvolti in relazione al perseguimento di fini condivisi, per progetti di bene comune di interesse generale). Viene ulteriormente distinta una istituzionalizzazione forte della democrazia deliberativa: forme e spazi in contesti istituzionali in modi formalizzati, le cosiddette arene deliberative, dove chi partecipa si incontra consapevole di contribuire a quel processo decisionale e ove trova spazio una maggiore considerazione degli interessi altrui; una istituzionalizzazione debole: forme di relazione in contesti istituzionali non specificamente dedicati. Nei processi di democrazia deliberativa il confronto deve essere strutturato con modalità che facilitano l’ascolto reciproco e il dialogo fra attori con punti di vista diversi. È orientato a “mettere alla prova” gli argomenti, conducendo gli interlocutori ad apprendere nuove informazioni, a considerare nuove angolature del problema e a scoprire aree di interesse comune. In ultima istanza può generare delle alternative, inizialmente non prospettate, per la soddisfazione degli interessi. È un approccio complesso che non va confuso con la consultazione pubblica: questa si limita all’espressione di un pubblico indistinto su opzioni costruite a priori e va ascritta agli strumenti di democrazia diretta (come i referendum). Fonte: Avventura Urbana
Democrazia partecipativa
Democrazia partecipativa prevede il coinvolgimento diretto delle persone nelle decisioni che devono essere prese e che le riguardano. Non si passa quindi più attraverso rappresentanti eletti formalmente. Esistono strumenti di partecipazione introdotti volontariamente, altri indicati dalla normativa. Fonte: Regione Emilia-Romagna “Partecipare e decidere. Insieme è meglio. Una guida per amministratori e tecnici", https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/partecipazione-1
Dot voting
Dot voting è una tecnica utilizzata per stabilire la priorità in modo collaborativo per qualsiasi insieme di elementi. Potrebbe essere usato per affinare un elenco di funzionalità, per concordare argomenti di discussione o per scegliere tra strategie e concetti. Dare ai partecipanti cinque voti è sufficiente per ottenere un elenco ordinato in modo significativo. Il dot-voting è un metodo rapido e semplice per dare la priorità a una lunga lista di opzioni. Sfrutta la saggezza collettiva del Team e fornisce un metodo uguale e con lo stesso peso per tutti i membri del team, che hanno tutti la stessa responsabilità nel dare priorità alla lista di cose da fare. Crea un senso di coinvolgimento e consente ai partecipanti di vedere il processo decisionale in azione e capire come e perché è stata fatta la scelta finale. Fonte: https://en.wikipedia.org/wiki/Dot-voting
E
EASW - European Awarness Scenario Workshop
European Awarness Scenario Workshop (EASW) è uno strumento di progettazione partecipata utile a promuovere il dialogo e la partecipazione dei diversi stakeholder alla soluzione dei problemi in discussione. Conduce i diversi soggetti coinvolti nella definizione degli obiettivi integrati di lungo periodo del cambiamento che si vuole promuovere definendo parallelamente le azioni prioritarie da sviluppare nel breve/medio periodo per raggiungerli. In tal senso è particolarmente adatto a promuovere l’avvio di percorsi di progettazione partecipata che utilizzino successivamente altre metodologie come il GOPP – Goal Oriented Project Planning per l’identificazione e la progettazione delle azioni concrete da sviluppare per raggiungere tali obiettivi. Ad un EASW partecipano circa 24-40 persone selezionate tra i diversi stakeholder dell’argomento discusso. Generalmente essi vengono identificati in relazione all’appartenenza a quattro diverse categorie sociali: 1. Cittadini/Residenti 2. Tecnici 3. Amministratori pubblici 4. Rappresentanti del settore privato. La forza principale della metodologia EASW risiede nella sua rigorosa strutturazione. Il metodo consente di guidare i partecipanti nello sviluppo di visioni sul futuro dell’argomento in discussione (cioè nella definizione di un sistema integrato di obiettivi di lungo periodo) e nella identificazione di alcune azioni prioritarie da sviluppare nel breve/medio periodo che possano contribuire al loro raggiungimento. Fonte: Gerardo de Luzenberger “Breve Guida all’uso della metodologia European Awarness Scenario Workshop”, https://www.loci.it/attachments/article/206/SSF%20-%20Quaderno%20di%20facilitazione%20EASW.pdf
E-democracy
Per e-democracy si intende la partecipazione dei cittadini e delle cittadine alle attività delle pubbliche amministrazioni locali ed ai loro processi decisionali attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione. L’impiego innovativo delle Information and Communications Technology (ICT) consente l’apertura di nuovi spazi di dialogo tra cittadini e amministrazione che integrano e rafforzano le forme tradizionali di partecipazione. Le nuove tecnologie costituiscono un valido strumento di supporto sia per fornire ai cittadini e alle cittadine tutte le informazioni utili per una partecipazione consapevole (livello informativo), sia per attivare meccanismi di dialogo (livello della consultazione), sia per giungere a decisioni condivise (livello della partecipazione attiva). Fonte: Dipartimento della funzione pubblica, http://qualitapa.gov.it/sitoarcheologico/customer-satisfaction/ascolto-e-partecipazione-dellutenza/e-democracy/index.html#:~:text=Con%20il%20termine%20e%2Ddemocracy,delle%20nuove%20tecnologie%20della%20comunicazione
EGovernment
Per eGovernment o amministrazione digitale si intende l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) nei processi amministrativi attraverso cui la PA si propone di rendere più efficiente l’azione della pubblica amministrazione, migliorando da una parte, la qualità dei servizi pubblici erogati e diminuendo dall’altra, i costi per la collettività. Fonte: Dipartimento della Funzione Pubblica, http://qualitapa.gov.it/sitoarcheologico/relazioni-con-i-cittadini/open-government/e-government/index.html
Empowerment
Per Empowerment si intende la responsabilizzazione e capacità nella gestione del Piano/Progetto. La partecipazione può svilupparsi con modalità differenti, dalla semplice informazione a un vero e proprio empowerment degli attori locali coinvolti. L’empowerment è la capacità degli attori di gestire autonomamente progetti/azioni a cui hanno concorso, spesso in collaborazione con l’ente pubblico, e di influenzare una decisione pubblica. Fonte: Regione Emilia-Romagna “Partecipare e decidere. Insieme è meglio. Una guida per amministratori e tecnici” in https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/partecipazione-1
F
Facilitatore
Il Facilitatore è un/una professionista che supporta un processo partecipato senza intervenire sui contenuti. È una figura neutrale rispetto agli interessi dei diversi attori, applica una procedura di lavoro strutturata e garantisce che la discussione sia sempre finalizzata a un risultato comune senza intervenire sui contenuti. Fa uso di tecniche di comunicazione interpersonale e di visualizzazione, che facilitano la comprensione reciproca e la mediazione o la negoziazione delle diverse posizioni sulla questione in discussione. Fonte: Regione Emilia-Romagna https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/servizi/linee-guida-per-la-progettazione/Facilitatore.pdf
Facilitazione
La Facilitazione è l’attività centrale di un processo di democrazia partecipativa e corrisponde all’intervento di una figura esterna ad un gruppo, chiamata a gestire in modo efficace l’interazione fra le persone partecipanti e migliorando la loro comunicazione e capacità produttiva. Si ricorre alla facilitazione per aiutare il gruppo ad utilizzare le occasioni di dialogo che si presentano in un percorso partecipativo in modo che siano produttive, vale a dire evitando le frustrazioni o le perdite di tempo tipiche degli incontri non strutturati, come ad esempio le assemblee pubbliche. La facilitazione produce due principali effetti sui processi partecipativi: permette di risparmiare tempo e di migliorare la qualità degli esiti prodotti. Produce, inoltre, il miglioramento delle relazioni che spesso diventano più distese e collaborative. Gli elementi chiave per facilitare l’interazione all’interno di un gruppo sono tre: favorire l’ascolto attivo fra i soggetti partecipanti, suscitare un confronto basato su argomenti e attingere ad una solida base informativa. Una buona interazione si sviluppa infatti quando la discussione si allontana da una dissertazione sui principi generali per esaminare il problema su un piano pratico e sostanziale. Fonte: Avventura Urbana
Fishbowl
Il fishbowl (letteralmente vasca dei pesci) è una forma di conversazione che può essere utilizzata quando si discute di argomenti all’interno di gruppi di grandi dimensioni: grazie alla struttura molto fluida e semplice le persone sentono che è possibile per loro partecipare alla discussione. La forma è quella del cerchio. É molto utile durante incontri ed eventi partecipati in cui si vuole discutere di un argomento e si è interessati ad ascoltare ed interagire con le persone in maniera ritmica e senza che nessuno possa monopolizzare la conversazione. La discussione che emerge riesce ad andare in profondità e ad alimentarsi dei contributi di tutti e tutte rendendo enormemente più interessante ed efficace l’incontro. Fonte: Comunitazione, http://www.comunitazione.com/strumenti/fishbowl/
Focus Group
Focus Group è un incontro tra un piccolo gruppo di persone (generalmente da 4 a 12) che discute su uno specifico tema. Si ricorre a questa tecnica quando si ha la necessità di mettere a fuoco (da cui il nome focus group) un fenomeno o indagare in profondità su uno specifico argomento, utilizzando l’interazione che si realizza tra i componenti del gruppo. Le persone partecipanti devono essere selezionate con attenzione in modo da poter contribuire, da diversi punti di vista, alla focalizzazione della questione e dovrebbero essere messi il più possibile in condizione di parità: è quindi raccomandabile una certa omogeneità tra i soggetti partecipanti (per esempio rispetto al grado di istruzione e di genere) per evitare squilibri troppo forti nella comunicazione. Il focus group è generalmente assistito da un facilitatore o moderatore che gestisce la discussione e stimola l’interazione tra i soggetti partecipanti. La discussione è impostata in modo del tutto informale: sono ammesse domande reciproche, dichiarazioni di disaccordo (ma vanno evitati giudizi negativi), interruzioni. Tutte le informazioni emerse nel corso dell’incontro devono poi essere elaborate e interpretate. Il documento finale può consistere in una sintesi o nella trascrizione integrale della discussione. La tecnica del focus group può essere usata, all’interno di processi decisionali più complessi, per diversi scopi, ad esempio: per definire gli obiettivi operativi; per identificare e definire un problema che potrebbe avere diverse sfaccettature; per impostare un vero e proprio lavoro di progettazione di una politica o di un intervento; per studiare quali reazioni susciterà un intervento presso certe categorie di persone. Fonte: Luigi Bobbio “A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi”, http://focus.formez.it/sites/all/files/Bobbio%20L._A%20pi%C3%B9%20voci.pdf
Focused Conversations
Focused Conversations è uno schema semplice ed efficace per guidare una conversazione. Si sviluppa in una serie di domande che accompagnano l'evoluzione della discussione invitando le persone a focalizzarsi su 4 diversi livelli, utilizzando per ciascuno di esse delle domande specifiche: 1. objective level: domande su fatti, sulla realtà esterna; 2. reflective level: domande che mirano a far emergere la reazione personale immediata sui dati oggettivi, una risposta interna, a volte anche emozioni o sentimenti, immagini nascoste o libere associazioni con i fatti. Sempre, quando incontriamo una realtà esterna, sviluppiamo una reazione interna alle stesse; 3. interpretative level: domande che possano tirar fuori senso, valori, significati ed implicazioni; 4. decision level: domande che spingono alla soluzione, portano a chiudere la conversazione, aiutano il gruppo a prendere una decisone per il futuro. Fonte: Genius Loci, https://www.loci.it/fare-il-facilitatore/approcci-tecniche/focused-conversations
Future Lab
Future Lab (FL) è uno strumento partecipativo che ha lo scopo di individuare utopie e risorse presenti nella comunità e per aiutare i decisori politici nell’elaborazione di progetti sociali innovativi. L’aspetto partecipativo del metodo rende l’incontro un vero e proprio esperimento di cittadinanza attiva, in cui i cittadini vengono chiamati a migliorare i servizi esistenti. Future Lab fa parte della famiglia di metodi partecipativi basata sull’ascolto, che riflettono sui limiti del presente e su come si possa affrontarli in un’ottica di visione futura. Si compone di tre fasi, per una durata complessiva di circa 6 ore: 1) critica/distopia: in questa fase i partecipanti saranno chiamati a individuare i problemi del vivere quotidiano, in relazione alla vita privata e lavorativa, immaginando come questi possano degenerare in un futuro negativo/distopico; 2) utopia: in questa fase i partecipanti cercheranno invece di immaginare un futuro diverso, migliore, in cui vorrebbero vivere. 3) presentazione delle proposte ed analisi di fattibilità: in quest’ultima fase le idee utopiche genereranno proposte concrete di miglioramento sia delle politiche sociali, sia dei servizi che le istituzioni possono offrire. Fonte: FuturLab https://www.valut-azione.net/strumenti-e-metodi/future-lab/
Future Search Conference (FSC)
Future Search Conference è uno strumento di visioning per coinvolgere, nella fase di impostazione iniziale di un progetto, i principali attori di un territorio nella costruzione di una visione del cambiamento. Si tratta di un incontro della durata complessiva di due giorni, possibilmente residenziale, che coinvolge un gruppo di circa 35 persone, selezionate per la loro capacità di rappresentare una pluralità di punti di vista, finalizzato a mettere a fuoco collettivamente delle strategie di cambiamento e le modalità per realizzarle. Il gruppo lavora come “comunità indagante” e costruisce insieme lo scenario del futuro desiderabile a medio-lungo termine, a partire da alcuni elementi: il passato, il presente ossia le tendenze in atto, il futuro probabile, il futuro desiderabile. Si conclude con una fase di action planning per identificare le azioni per realizzare lo scenario. Fonte: Genius Loci, https://www.loci.it/fare-il-facilitatore/approcci-tecniche/future-search-conference
G
Gamification
Secondo la definizione più classica si tratta di applicare regole e meccaniche d’interazione mutuate dal mondo dei giochi (game) con l’obiettivo di spingere clienti, dipendenti, e collaboratori a raggiungere determinati obiettivi, aumentandone la motivazione attraverso lo stimolo fornito da premi, competizioni e sfide tra singoli e squadre. La sua applicazione, iniziata per “alleggerire” le funzioni più routinarie, è presto diventata un metodo per conseguire dei risultati in maniera coinvolgente e divertente, riducendo la pressione psicologica data da scadenze, incombenze e traguardi da conseguire. La gamification è anche la base su cui si fondano molti bilanci partecipati, dove i progetti presentati da associazioni e cittadinanza, vengono poi votati e finanziati sulla base di una graduatoria, fatto che mette in moto amicizia, comunità e cittadinanza attiva, per far “vincere” la propria proposta. Fonte: https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/news/normali/2018/avvoltoi-e-biciclette-un-viaggio-nella-gamification-delle-politiche-pubbliche
Garante della comunicazione e della partecipazione
Il Garante della comunicazione e della partecipazione è disciplinato dall’art. 56 della L.R. Emilia-Romagna 24/2017 ed è nominato dalle amministrazioni procedenti, ossia le amministrazioni che attivano un procedimento di pianificazione urbanistica. I presidi di garanzia in capo a questa figura sono: a) il diritto di accesso alle informazioni che attengono al piano e ai suoi effetti sul territorio e sull'ambiente; b) la partecipazione al procedimento dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi; c) il diritto al contradditorio dei soggetti nei confronti dei quali il piano è destinato a produrre effetti diretti, prevedendo l'approvazione di un vincolo di natura espropriativa o conformativa; d) il proficuo svolgimento dei processi partecipativi, di istruttoria pubblica e contradditorio pubblico. A tale scopo il Garante a) cura lo svolgimento degli adempimenti previsti dalla presente legge che attengono alla pubblicità del piano, alla trasmissione dei suoi elaborati, alla pubblicazione, alla comunicazione e alla notifica degli avvisi di deposito; b) rende accessibili sul sito web dell'amministrazione e fornisce ai richiedenti, senza costi aggiuntivi per l'amministrazione, ogni informazione disponibile sui contenuti del piano e del documento di Valsat, sull'esito delle valutazioni territoriali ed ambientali del piano, sulle osservazioni, presentate tempestivamente; c) partecipa allo svolgimento dei processi partecipativi, collaborando alla predisposizione della sintesi delle opinioni, contributi, proposte e valutazioni raccolte in tali sedi. Fonte: Regione Emilia-Romagna, L.R. 24/2017, https://demetra.regione.emilia-romagna.it/al/articolo?urn=er:assemblealegislativa:legge:2017;24&dl_t=text/xml&dl_a=y&dl_id=10&pr=idx,0;artic,1;articparziale,0&ev=1
GOPP
GOPP (Goal Oriented Project Planning), è un metodo che facilita la pianificazione e il coordinamento di progetti attraverso una chiara definizione degli obiettivi e si inquadra in un approccio integrato denominato PCM (Project Cycle Management). Durante il ciclo di vita di un progetto il GOPP può essere utilizzato: nella fase di identificazione e definizione, per analizzare i problemi, stabilire possibili soluzioni, obiettivi, risultati, attività e indicatori di monitoraggio e valutazione (costruzione dell’albero dei problemi e dell’albero delle soluzioni); nella fase di attivazione e progettazione esecutiva, per chiarire la suddivisione dei compiti tra i vari attori coinvolti e per fare eventuali adattamenti (costruzione del logical framework); nella fase di valutazione e verifica del progetto in corso d’opera, per condividere eventuali adattamenti qualora siano emersi problemi o nuove opportunità; nella fase di valutazione finale, per verificare il raggiungimento degli obiettivi e individuare eventuali suggerimenti per successivi miglioramenti e progetti futuri. Da un punto di vista organizzativo un workshop GOPP prevede il coinvolgimento di circa una decina di persone, individuate tra gli attori-chiave che hanno un ruolo cruciale per il successo di un progetto, e di una facilitatrice, e può avere una durata di uno o più giorni. È una metodologia che fa largo utilizzo delle tecniche di visualizzazione: si utilizzano grandi fogli di carta adesiva affiancati su una parete e i soggetti partecipanti, seduti a semicerchio, lavorano, dall’analisi dei problemi alla proposta di soluzioni, con dei cartoncini colorati nei quali possono scrivere i loro suggerimenti secondo le fasi della metodologia. Tali idee una volta inserite sulla parete adesiva possono essere visualizzate da tutto il gruppo che può spostarle o aggregarle secondo le esigenze. L’utilizzo di tale tecnica può portare a rafforzare la comunicazione e la convergenza di gruppi di lavoro ed è particolarmente efficace per analizzare i problemi, suggerire proposte, evidenziare rischi ed elaborare soluzioni in tempi relativamente ristretti. Fonte: Federico Bussi, La progettazione integrata con il metodo GOPP (Goal Oriented Project Planning), http://partecipazione.formez.it/sites/all/files/progettazioneGOPP.pdf
Guizzo
Guizzo è una tecnica per il brainstorming strutturato, parte integrante della famiglia di strumenti che favoriscono il pensiero collettivo generativo, facilitano la sintesi di una discussione o di un lavoro di gruppo e consentono la scrittura collaborativa. Fonte: Marco Cau, Graziano Maino “Guizzo, uno strumento per il brainstorming strutturato nei percorsi partecipati per il welfare” https://www.secondowelfare.it/terzo-settore/guizzo-uno-strumento-per-il-brainstorming-strutturato-nei-percorsi-partecipati-per-il-welfare/
I
Idea Boxes®
IDEA BOXES® è un metodo sviluppato congiuntamente da FUTOUR e Future Center Alliance. Prevede varie possibili modalità di applicazione per visualizzare le idee e proposte. L’IDEA BOX è una scatola bianca nella quale tutte le facciate possono essere utilizzate per descrivere e presentare con immagini, parole e colori gli elementi principali del progetto di ciascun gruppo di lavoro (idee, progetti, soluzioni). Gli Idea Boxes® sono la base per la raccolta delle idee e proposte dei gruppi e possono essere collocati in colonne di affinità per far vedere come la creatività individuale e collettiva produce soluzioni concrete e condivise. Fonte: Regione Emilia-Romagna, “PartecipAzioni: sostantivo, plurale. Guida metodologica per la gestione di processi di partecipazione integrata in https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/partecipazione-1
Inclusione
L’inclusione dei cittadini e delle cittadine nei processi decisionali degli enti pubblici può manifestarsi, in positivo, mediante l’apertura delle istituzioni alla partecipazione o, in negativo, mediante lo sviluppo di conflitti che le amministrazioni non riescono a gestire e risolvere. Il tema dell’inclusione della società civile nella formulazione delle politiche pubbliche è emerso negli ultimi decenni come una qualità importante della democrazia in relazione all’indebolimento della legittimazione fornita dalle elezioni, alla crisi dei partiti politici e delle forme tradizionali di rappresentanza. Di fronte a questi fenomeni si può pensare che le istituzioni rappresentative abbiano bisogno di un supplemento di legittimazione che può essere fornito dall’interlocuzione diretta con i cittadini e le cittadine. Fonte: Luigi Bobbio e Gianfranco Pomatto, Partecipazione e Conflitti nella provincia autonoma di Trento, Maggio 2008
Innovation camp
Innovation Camp è un approccio promosso dal Joint Research Center (JRC) della Commissione Europea per esplorare e stimolare risposte collaborative a sfide complesse attraverso un processo strutturato in più fasi, che ha come punto centrale il lavoro congiunto tra i vari attori portatori di competenze e conoscenze durante un incontro di due o più giorni. Nell’Innovation Camp si costituiscono diversi gruppi di interesse che, in modo collaborativo e co-creativo fra tutti i partecipanti, formulano idee per rispondere alle sfide proposte. La soluzione finale viene prototipata e sviluppata nel tempo; pertanto, dopo la conclusione dell’evento, i responsabili delle sfide si impegnano a testare il prototipo completo elaborato e a trasferirlo successivamente alle politiche pubbliche. Fonte: European Commission, European Committee of the Regions, Joint Research Centre, Martinez, P., Kune, H., Rissola, G., Innovation camp methodology handbook: realising the potential of the entrepreneurial discovery process for territorial innovation and development, 2017, https://s3platform.jrc.ec.europa.eu/w/innovation-camp-methodology-handbook
L
Laboratorio progettuale o Laboratorio Urbano
Laboratorio progettuale è uno strumento di progettazione partecipata che consente di elaborare, attraverso il confronto tra tecnici e cittadini/e, delle ipotesi di trasformazione di spazi fisici. Coinvolge solitamente un gruppo limitato di persone (non più di 20-25) selezionato in modo da rappresentare tutti i punti di vista, anche tecnici, sull’argomento in discussione. Viene svolto con l’utilizzo di materiali manipolabili e di facile comprensione, in modo che le ipotesi di modificazione di spazi urbani definiti (piazze, giardini, strade etc.) siano facilmente comprensibili e condivisibili con le persone partecipanti. Il laboratorio progettuale si colloca in genere nella fase conclusiva di un processo partecipativo finalizzato ad una trasformazione urbanistica complessa ed è preceduto da una fase di ricerca sul campo e da alcuni eventi più generali di partecipazione che permettono di far emergere le criticità e le priorità di intervento ritenute più importanti dai cittadini/e. Fonte: Avventura Urbana
Learning community canvas
Learning community canvas è uno strumento che orienta e accompagna l’animazione della comunità di pratica. Al confine tra project management e comunicazione visiva, la tela consente di programmare il lavoro di ideazione, promozione, elaborazione, conduzione e visibilità della comunità. I canvas sono mappe visuali (poster) che presentano in una visione di insieme le questioni da affrontare. Si tratta di cataloghi spaziali che sottopongono al gruppo dei soggetti coinvolti temi da sviluppare e mettere in relazione con l’obiettivo di favorire lavoro di confronto, ideazione, elaborazione e scrittura. I canvas costituiscono guide per discutere e approfondire contenuti, aprono alla possibilità di oltrepassare la cornice di senso offerta, sono dispositivi per ingaggiare e promuovere partecipazione nel costruire risposte a problemi complessi Fonte: Marco Cau, Graziano Maino Learning Community Canvas: come facilitare il lavoro delle comunità di apprendimento, https://www.secondowelfare.it/terzo-settore/learning-community-canvas-come-facilitare-il-lavoro-delle-comunit-di-apprendimento/
LEGO® SERIOUS PLAY® (LSP)
LEGO® SERIOUS PLAY® (LSP) è un un metodo basato sull’incontro facilitato, un processo di comunicazione e di problem-solving, in cui le persone partecipanti sono guidate attraverso una serie di domande per approfondire i temi con sempre maggiori dettagli. L'obiettivo è quello di favorire il pensiero creativo attraverso attività di team building basate sull'utilizzo di mattoncini LEGO per creare metafore della propria identità organizzativa e delle proprie esperienze. I partecipanti lavorano attraverso scenari immaginari utilizzando i mattoncini LEGO, per questo motivo questo tipo di attività viene definito "gioco serio". Ogni partecipante costruisce il proprio modello 3D di LEGO® in risposta alle domande della facilitatrice/tore, utilizzando elementi appositamente selezionati. Questi modelli 3D servono come base per la discussione di gruppo, la condivisione della conoscenza, la soluzione creativa dei problemi e la presa di decisioni. Fonte: Futour, https://futour.it/futour/lego-serious-play-trasforma-le-vostre-idee-in-strategie-prodotti-servizi-e-azioni/
Liberating Structures
Liberating Structures è un set di 33 strumenti, o forse meglio microtecniche, che possono essere utilizzate per rompere gli schemi ed aiutare un gruppo a lavorare in maniera innovativa. Ciascuno dei 33 componenti di liberating structures può essere usato autonomamente, o combinato con altri in una sequenza che può consentire la gestione di un intero laboratorio. Fonte: Liberating structures https://liberating.it/
Linee Guida sulla consultazione pubblica
Le Linee Guida sulla consultazione pubblica sono state redatte nel 2017 dal Dipartimento della funzione pubblica nell’ambito del III Piano d’azione nazionale Open Government Partnership (OGP). Forniscono i principi generali affinché i processi di consultazione pubblica siano in grado di condurre a decisioni informate e di qualità e siano il più possibile inclusivi, trasparenti ed efficaci. Fonte: https://open.gov.it/wp-content/uploads/2017/03/Linee-guida-consultazione-pubblica-v.-1.1.pdf
Livello di partecipazione
La partecipazione può assumere diverse forme: informazione (l’ente promotore del processo fornisce indicazioni su una politica o un progetto che intende realizzare; l’analisi, le valutazioni e le decisioni sono già state effettuate; gli attori coinvolti hanno solo l’opportunità di essere informati); consultazione (gli attori sono ascoltati e hanno l’opportunità di influenzare le decisioni, tramite le informazioni e le opinioni che forniscono); progettazione partecipata (l’analisi dei problemi e l’elaborazione di soluzioni sono definiti congiuntamente dai vari attori e dall’Ente pubblico che promuove il processo/progetto; le decisioni per la loro realizzazione sono di tipo multisettoriale in base a competenze, risorse e responsabilità: alcune da parte dell’ente promotore, altre da parte dei singoli attori che hanno partecipato, altre in partnership); empowerment (gli attori sono in grado di definire e gestire autonomamente progetti/azioni, anche se spesso in collaborazione con l’ente pubblico). Fonte: Regione Emilia-Romagna
Logical Framework (quadro logico)
Si veda Approccio del Quadro Logico (AQL)
M
Mediazione
Per Mediazione si intende un processo finalizzato a far evolvere dinamicamente una situazione di conflitto, aprendo canali di comunicazione precedentemente bloccati. La mediazione è, quindi, una procedura di gestione dei conflitti tra i membri di una comunità in base alla quale il mediatore, quale terzo imparziale, assiste le parti in conflitto facilitandone la comunicazione, guidando la loro negoziazione e orientandole verso la ricerca di accordi di reciproca soddisfazione. Fonte: Le Istituzioni del Federalismo. Regione e Governo Locale. Bimestrale di studi giuridici e politici della Regione Emilia-Romagna, "Conciliazione e risoluzione alternativa delle controversie (ADR). Quadro giuridico, esperienze, istituzioni", 2008 – ANNO XXIX novembre/dicembre
Metaplan®
Il Metaplan®, nata in Germania nel 1972 e marchio registrato dall'omonima società tedesca ideatrice della tecnica, è una metodologia per la facilitazione di gruppi di lavoro, per la gestione efficace dei processi di comunicazione, costituita da un insieme di strumenti di comunicazione, tecniche di visualizzazione e di discussione. È basata sull’alternanza di momenti strutturati di lavoro individuale, di gruppo e in plenaria. Consente di gestire una discussione, raccogliendo, selezionando e omogeneizzando i contenuti espressi dai partecipanti, utilizzando come supporto le tecniche di visualizzazione. L’obiettivo della metodologia è evidenziare i punti di vista di un gruppo di individui su un determinato tema, per arrivare ad un’analisi che consideri le affermazioni di tutti e mantenga la ricchezza delle proposte individuali, portando il gruppo verso un risultato operativo. La metodologia permette di: pianificare la sceneggiatura delle discussioni, per concentrare lo sforzo su obiettivi ben configurati e risultati attesi; visualizzare lo svolgimento delle discussioni, per far sì che ciò che via via viene acquisito sia fissato, e il discorso possa procedere verso gli altri punti in esame; sviluppare il report durante la discussione, ed in modo aperto e collaborativo, affinché ciascuno dei partecipanti all’incontro abbia piena comprensione e condivisione su quanto discusso, e possa quindi essere responsabile dell’attuazione delle decisioni prese. Fonte: Poliste, https://www.poliste.com/
Metodo del Consenso
Nell’ambito del Tavolo di Negoziazione (TDN) è possibile l’insorgere di conflitti tra i suoi membri. Possono essere attivate diverse soluzioni al fine di mediare, cercando dei compromessi che soddisfino le parti in gioco. Uno dei metodi che il moderatore del TdN può introdurre è quello cd del Consenso. Va ricordato che i nodi conflittuali possono essere affrontati attraverso ulteriori metodi deliberativi in cui invece degli attori sono coinvolti singoli cittadini o individui. Fatti salvi questi principi fondamentali, i punti per un funzionamento strutturato di un TdN nel quale emergono posizioni in conflitto, potrebbero essere i seguenti: 1. il moderatore spiega che ogni punto dell’odg si apre con un suo intervento iniziale, che non entra nel merito ma presenta il problema; 2. dopo l’intervento iniziale, su richiesta per alzata di mano ogni persona può fare un intervento; 3. il moderatore invita gli intervenuti a non ripetere cose dette e a posizionarsi semplicemente (d’accordo con…, a favore di quanto detto…, non ho ancora idee chiare vorrei capire…, ecc.); 4. dopo questa fase si passa ad un secondo giro, invitando i partecipanti ad eventuali mediazioni, con un intervento per posizione, per verificare se alcuni hanno cambiato posizione/idea, riformulando la propria posizione in modo diverso, con varianti e tentativi di accordo con le altre; 5. se rimane più di una posizione inconciliabile allora si apre la votazione sulle seguenti opzioni procedurali: - rimandare la discussione del punto ad un successivo incontro; - rimandare la discussione del punto e delegare l’approfondimento della questione a qualcuno o a un gruppo di lavoro; - votare le posizioni rimanenti con il metodo del consenso. La tecnica del metodo del consenso prevede questi elementi: si vota esprimendo 4 opzioni (1 - favorevole e sostenitore; 2 - favorevole non sostenitore; 3 contrario non oppositore; 4 oppositore); se ci sono 1 o più oppositori allora si chiede agli oppositori un intervento e si chiedono altrettanti interventi ai sostenitori; se gli oppositori rientrano ritirando la loro opposizione allora si votano nuovamente a maggioranza le posizioni rimanenti; se gli oppositori non rientrano dichiarandosi almeno “contrari non oppositori” allora il conduttore chiede al tavolo di votare se procedere con il voto a maggioranza o rimandare la discussione; il moderatore può chiedere se ci possono essere altre opzioni e le aggiunge all’elenco; si votano le opzioni procedurali con voto per alzata di mano, partendo dalla prima; si possono votare più opzioni; votate le opzioni si procede con quella scelta. Fonte: Regione Emilia-Romagna, “Linee Guida Partecipazione”, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/documentazione/il-tavolo-di-negoziazione/come-puo-essere-organizzato-un-tdn/@@download/file/Esempio%20organizzazione%20TdN%20ottobre%202
Metodo Delphi
Metodo Delphi consente, tramite la somministrazione ripetuta di questionari, di ottenere non soltanto opinioni singole, ma di sollevare un confronto, una sorta di dibattito “virtuale”, intorno all’oggetto di una ricerca, tra gli esperti selezionati per il campione. Si tratta di un metodo qualitativo, partecipativo, previsionale e di confronto. Il suo utilizzo è particolarmente adatto alla realizzazione di più scopi: realizzare il confronto tra più esperti appartenenti a “categorie” diverse; far emergere il “conoscere tacito” che sta sotto ad ogni professione; disegnare il quadro dell’oggetto, evento, problema su cui si sta indagando; delineare un probabile/o desiderabile sviluppo dell’oggetto di studio. Ci sono molti modelli di Metodo Delphi, ma quello classico, “standard”, è caratterizzato da queste fasi: fase esplorativa; fase analitica; fase valutativa. Fonte: Dipartimento della Funzione Pubblica, http://qualitapa.gov.it/sitoarcheologico/relazioni-con-i-cittadini/utilizzare-gli-strumenti/tecnica-delphi/
Metodo Spiral
Metodo Spiral si può utilizzare per definire il benessere a livello collettivo e concepire successivamente gli indicatori. "Spiral" acronimo che sta per Societal Progress Indicators for the Responsability of All (Indicatori di progresso per il benessere di tutti e la co-responsabilità) è un approccio all’apprendimento collettivo volto a creare gradualmente nella società la capacità di assicurare il benessere di tutti attraverso la corresponsabilità tra diversi portatori di interesse principali: cittadini e attori dei settori pubblico e privato. Il suo punto di partenza è il livello locale, dove il metodo SPIRAL e i suoi strumenti contribuiscono a creare una visione condivisa del benessere e degli obiettivi che dovrebbe perseguire la comunità. Fonte: Spiral, https://wikispiral.org/tiki-index.php?page=La+m%C3%A9thode+SPIRAL
Modalità ibrida
Con il termine “modalità ibrida” si possono intendere forme diverse di attività in presenza e attività online tra loro intrecciate, che modulano in modo differente tempi e spazi (setting) dell’interazione tra i partecipanti. Una prima modalità di integrazione online / offline è la “sovrapposizione”: l’attività proposta avviene in un luogo fisico in cui sono presenti un certo numero di persone che vi prendono parte e la stessa attività viene resa accessibile anche a persone che vi prendono parte da remoto. Seconda modalità possibile è costituita da eventi sincroni con setting distinti: in occasione di eventi con un certo numero di persone, che dispongono di tecnologie di base e che sono desiderose di partecipare attivamente, o a cui viene richiesto un certo grado di ingaggio, una soluzione adottabile è quella della separazione dei setting. Una parte dell’evento può essere svolta in forma congiunta “sovrapposta” (ad esempio le parti di interazione più frontali), mentre le attività che richiedono un elevato grado di attivazione vengono svolte separando i partecipanti online da quelli in presenza, in setting di lavoro differenti. Un’altra possibilità per ibridare presenza e distanza è di replicare l’attività che si vuole realizzare in tempi diversi e setting completamente separati: si tratta di una soluzione che, da un lato, consente di ampliare la partecipazione e, dall’altro, rende più agevole la gestione operativa. In particolare questa modalità è efficace se si hanno a disposizione poche figure di facilitazione e si intende promuovere un elevato coinvolgimento con gruppi estesi di partecipanti, alcuni dei quali parteciperanno in presenza, altri da remoto, in eventi separati. Una quarta modalità è costituita da eventi asincroni con setting comune: rinunciando alla possibilità di garantire la sincronia della partecipazione online e offline, è possibile strutturare incontri che si sviluppano su sessioni separate ma con lo stesso setting. Fonte: Pares, https://www.secondowelfare.it/collaborare-e-partecipare/processi-partecipativi-ibridi-si-puo-fare-ma-non-e-una-passeggiata/
Mosaico digitale - MODÌ
Mosaico Digitale (MODÌ) è uno strumento per arricchire, rendere efficace e operativo un workshop partecipativo, prevedendo momenti di creatività collettiva e situazioni di co-progettazione ed elaborazione di proposte e idee in tavoli tematici. MODÌ consente a tutti i partecipanti di lavorare consecutivamente su ciascuno dei temi previsti nel workshop e di elaborare in tempo reale delle proposte e dei risultati per facilitare la diffusione e implementazione degli obiettivi previsti dal seminario. In tal modo si rafforza l’efficacia, velocità ed efficienza dei workshop interattivi garantendo la massima condivisione e coinvolgimento dei partecipanti, stimola la creatività, accelera i processi decisionali, lo sviluppo di idee, facendo in modo che la gestione sistematica della creatività e dell’innovazione diventi un fattore chiave per il successo. MODÍ abbina tecniche e metodi per la creatività con tecnologie a supporto della facilitazione accelerando i processi di concertazione e di supporto alle decisioni complesse. Fornisce uno spazio concettuale condiviso dove tutti i partecipanti possono simultaneamente vedere e contribuire con le idee mentre vengono create e partecipare nella costruzione di conoscenza sia attraverso il dialogo che la dialettica. Attraverso sessioni creative e momenti di problem solving, con l’utilizzo di tastiere in grado di raccogliere le idee dei partecipanti, viene creato e proiettato un mosaico di concetti, frasi, progetti, condiviso rispetto alla soluzione di problemi, suggestioni, strategie, politiche, per lo sviluppo di nuovi servizi, funzioni e prodotti. MODÍ prevede la discussione interattiva in gruppi su domande poste dal facilitatore, la scrittura e la visualizzazione delle idee e delle proposte dei gruppi in modo da ottenere un risultato concreto circa l’emersione dei bisogni della popolazione rispetto ai temi del workshop. Dall’incontro emerge un report istantaneo che potrà essere visualizzato e mostrato alla platea durante la sessione di restituzione. Tutte le informazioni del workshop interattivo vengono poi raccolte in un rapporto finale che contiene le risposte, idee e concetti emersi dalle domande discusse tra i partecipanti. L’utilizzo del Mosaico Digitale, pur lasciando esprimere liberamente i partecipanti assecondando il flusso delle idee, consente di fare una discussione di tipo strutturato, seguendo una traccia specifica, e consente sia la visualizzazione istantanea del flusso di idee e proposte, sia la raccolta immediata dei commenti e idee per un instant report. Fonte: https://www.futour.it/
Mural
Mural è uno strumento che consente di creare uno spazio di collaborazione con lavagna digitale grazie al quale i team lavorano insieme in tempo reale o in modo asincrono portando le intuizioni e le idee dalla possibilità alla realtà con il supporto di metodi guidati e competenze di trasformazione. Fonte: Mural, https://www.mural.co/
N
National Issues Forum
National Issues Forum sono forum tematici strutturati che dovrebbero contribuire ad acquisire e ad esercitare “competenze democratiche” e in particolare deliberative. Sotto la guida di una facilitatrice o di un facilitatore i/le partecipanti discutono su specifici temi politici prefissati, come, ad esempio, sicurezza sociale o politiche per il lavoro. I gruppi in cui si svolgono le discussioni sono composti da un minimo di 10 a un massimo di 20 partecipanti che si iscrivono volontariamente e per interesse personale, senza che gli sia richiesto preventivamente di conoscere la materia. Le persone partecipanti hanno a disposizione un’ampia documentazione informativa che inquadra la situazione da diverse prospettive e sulla cui base è possibile prendere in esame soluzioni diverse. Le persone partecipanti si riuniscono come minimo per un giorno, spesso anche per due, per uno scambio di opinioni sull’oggetto del processo. L’esito di un National Issues Forum può essere sottoposto all’attenzione dei decisori politici e amministrativi e, in caso di necessità, lo si può anche discutere con loro, tuttavia questa funzione consultiva non è prioritaria per il processo. Ciò che conta è piuttosto lo scambio di punti di vista diversi, la definizione di una base di discussione condivisa e la qualificazione delle competenze sociali delle singole e dei singoli partecipanti. Fonte: Patrizia Nanz e Miriam Fritsche “La partecipazione dei cittadini: un manuale. Metodi partecipativi: protagonisti, opportunità e limiti” https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/documentazione/la-partecipazione-dei-cittadini-un-manuale/documenti/la-partecipazione-dei-cittadini-un-manuale
O
Open government
Open Government prevede che tutte le attività delle amministrazioni pubbliche devono essere aperte e disponibili per favorire azioni efficaci e garantire un controllo diffuso sulla gestione della cosa pubblica. Il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino viene così ridefinito, spostando il focus della relazione da un approccio orientato all’erogazione dei servizi, in cui il cittadino è mero fruitore delle prestazioni erogate dall’amministrazione, ad uno basato sulla collaborazione, in cui il cittadino partecipa alle scelte di governo. In tal senso, l’Open Government si basa su trasparenza, partecipazione, collaborazione, principi che, se applicati adeguatamente, possono migliorare gli schemi operativi dell’amministrazione pubblica e i relativi processi decisionali, accrescendo la fiducia nel cittadino e onorando la missione dell’amministrazione al servizio della comunità. Fonte: Dipartimento della Funzione Pubblica, https://open.gov.it/governo-aperto
Open Space Technology (OST)
Open Space Technology (OST), ideato nella metà degli anni ’80 da Harrison Owen, è una tecnica di gestione di workshop che consente a qualsiasi gruppo di persone, in qualsiasi tipo di organizzazione, di rendere incontri e riunioni di lavoro particolarmente interessanti e produttive. La metodologia, che si basa sull’autorganizzazione, permette di far lavorare insieme, su un tema complesso, gruppi con un numero di partecipanti variabile da 5 a 1000 persone, in workshop di una giornata, convegni di tre giorni o nella riunione settimanale di staff. Per organizzare un workshop in OST non sono necessari relatori e programmi predefiniti, ma tutto è demandato alle persone partecipanti che propongono e gestiscono in completa autonomia il programma di lavoro attraverso la proposta di temi e problematiche reali e per le quali provano un sincero interesse. Si articola in una plenaria iniziale con il mercato delle idee, una bacheca sulla quale vengono proposti dai soggetti partecipanti i titoli delle idee da discutere nei gruppi. Una volta selezionati i temi si organizzano sessioni parallele di gruppo e progressivamente si focalizza la discussione su un argomento di importanza strategica. Le fasi di gruppo sono libere e ognuno può spostarsi liberamente. L’instant report consiste in una sintesi dei verbali che viene consegnato alle persone partecipanti poco dopo la fine delle sessioni e, quello finale, a conclusione dei lavori. È un metodo particolarmente adatto per esplorare le criticità di una situazione all’avvio del processo partecipativo. Fonte: Genius Loci, https://www.loci.it/index.php/genius-loci/genius-loci-editore/breve-guida-open-space-technology
Outreach
Outreach è un termine di origine anglosassone che indica, nei processi di partecipazione, una metodologia che consiste “nell’andare a consultare le persone piuttosto che aspettare che esse vengano da noi”. Si tratta di una forma di consultazione informale, diretta, che si svolge nell’ambiente di vita delle persone che vengono incontrate per discutere, ma anche per ascoltare, i loro suggerimenti. Tale metodo è talvolta in grado di entrare in rapporto con soggetti altrimenti difficilmente coinvolgibili. Gli strumenti e le modalità dell’outreach sono assai varie. Per esempio: distribuzione di materiale informativo nelle case oppure direttamente alle persone in situazioni di aggregazione (mercati, assemblee, negozi, ecc.); articoli su giornali locali, spot informativi su radio e tv; interventi informativi e di scambio mirati nell’ambito di riunioni di specifici gruppi (ad esempio, una bocciofila, un centro sportivo, un’associazione ricreativa); strutture mobili (caravan, camper, container) possono essere utilizzate come uffici mobili per restituire anche a livello simbolico la presenza sul campo e garantire la possibilità di una consultazione iniziale; svolgimento di camminate di quartiere; attivazione di punti di riferimento in loco. Fonte: Luigi Bobbio “A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi”, http://focus.formez.it/sites/all/files/Bobbio%20L._A%20pi%C3%B9%20voci.pdf
P
Partecipazione regolata da norme di settore
Se il processo partecipativo è previsto da normativa di settore di varia fonte, che ne prescrive l’attivazione (ad esempio normativa comunitaria, Codice degli appalti, ecc.). Fonte: Regione Emilia-Romagna
Partecipazione volontaria
Se il processo partecipativo è intrapreso in assenza di norme o regolamenti che ne disciplinino l’obbligatoria attivazione. Fonte: Regione Emilia-Romagna
Partecipazione volontaria regolata da statuto o atti deliberativi
Se il processo partecipativo trova negli Statuti o Regolamenti di partecipazione norme che ne regolino/prevedano lo svolgimento in modo strutturato. Fonte: Regione Emilia-Romagna
Participatory action research (PAR)
Participatory action research (PAR) è un tipo di indagine che, pur avendo uno scopo conoscitivo, promuove un attivo coinvolgimento da parte di tutti i soggetti o gli attori sociali significativi del territorio o del contesto, depositari del sapere locale, al fine di praticare poi collettivamente una attività sulla realtà che si cerca di conoscere. La Ricerca-Azione è una indagine che si muove dal di dentro della realtà di cui si tenta una prima analisi di conoscenza, sempre volta ad un successivo agire pratico sulla stessa, in maniera da modificarne o perlomeno aiutarne il cambiamento in senso evolutivo e di crescita. Il coinvolgimento e la partecipazione nella Ricerca-Azione da parte degli stakeholder della comunità, che sono riconosciuti non solo come portatori di interessi ma anche di risorse umane e strumentali, porta alla successiva attivazione di un Forum Locale, che adeguatamente sostenuto, è in grado di alimentare tutte le fasi della Ricerca-Azione, finalizzata anche alla costituzione di un Gruppo Territoriale Locale rappresentativo e derivante da una azione fortemente partecipativa. Fonte: Luigi Bobbio “A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi”, http://focus.formez.it/sites/all/files/Bobbio%20L._A%20pi%C3%B9%20voci.pdf
Participatory Scenario Building Workshop
Si veda Search Conference
Planning for real
Planning for Real è una tecnica di progettazione partecipata alternativa alla discussione pubblica che consente a ogni partecipante di esprimere le proprie idee e le proprie opinioni liberamente, facilmente e in modo anonimo. Il punto di partenza è sempre una rappresentazione dell’area d’intervento attraverso un modello tridimensionale (un plastico), il cui scopo è quello di aiutare gli abitanti a identificare ogni elemento del proprio quartiere e a individuare su di esso gli interventi che ritengono necessari. È importante che le dimensioni e le caratteristiche del plastico stimolino ogni partecipante a mettere mano al plastico, consentendo loro di riconoscere e di confrontarsi con i luoghi rappresentati. Il plastico può anche essere realizzato in collaborazione con la comunità locale, favorendo in questo modo il suo coinvolgimento. Ogni persona è chiamata a posizionare sul plastico apposite carte opzione, ciascuna delle quali indica un intervento migliorativo (per esempio una pista ciclabile, un parco giochi, degli alberi, una siepe, un negozio, un parcheggio). È importante che la fattibilità e la praticabilità di tutte le “carte opzione” siano verificate, dal punto di vista tecnico e politico, attraverso una fase di indagine preliminare. I cittadini e le cittadine sono accompagnati nel loro percorso da un apposito gruppo di facilitatori, che in maniera neutrale interagisce con loro, allo scopo e nella misura sufficiente a registrare le loro opinioni e le motivazioni alla base delle loro scelte. Esiste anche la possibilità di segnalare alcuni suggerimenti per iscritto. È importante prevedere strumenti informativi (pannelli a muro, copie di documentazioni, ecc.), affinché ogni partecipante abbia una visione il più possibile completa delle principali questioni relative alla futura trasformazione urbana: budget disponibile, esempi di soluzioni sperimentate altrove, vincoli e standard urbanistici, ecc. Al termine della giornata, lo staff tecnico esamina le carte che sono state giocate dai soggetti partecipanti nei diversi punti del plastico allo scopo di stabilire come sono distribuite le preferenze e di rilevare anche l’eventuale presenza di opzioni conflittuali. Fonte: Luigi Bobbio “A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi”, http://focus.formez.it/sites/all/files/Bobbio%20L._A%20pi%C3%B9%20voci.pdf
Pro Action Cafè
Pro Action Cafè è una tecnica che consente di coniugare creatività e orientamento all'azione. In un pro action cafè i partecipanti sono invitati a lavorare su ciò che li appassiona e rispetto a cui sono pronti a responsabilizzarsi in prima persona (un progetto, un'idea, una questione da approfondire, ecc.). Nasce dalla contaminazione tra Open Space e World Cafè, è stato messo a punto da Rainer von Leoprechting e Ria Baeck. Fonte: Genius Loci, https://www.loci.it/fare-il-facilitatore/approcci-tecniche/pro-action-cafe
Processo Partecipativo
Per processo partecipativo la legge regionale n.15/2018 della Regione Emilia-Romagna intende un "percorso strutturato di dialogo e confronto, che viene avviato in riferimento ad un progetto futuro o ad una futura norma di competenza della regione, degli enti locali o di altri soggetti pubblici, in vista della loro elaborazione, mettendo in comunicazione enti, soggetti privati, associazioni e persone che vivono e lavorano a qualsiasi titolo sul territorio, al fine di ottenere una completa rappresentazione delle posizioni, degli interessi o dei bisogni sulla questione, nonché di giungere ad una proposta ed alla sua eventuale mediazione o negoziazione in funzione di una codecisione, ricercando un accordo delle parti coinvolte sulla questione oggetto degli atti in discussione. Il risultato del processo partecipativo è un documento di proposta partecipata di cui l’ente responsabile si impegna a tener conto nelle proprie deliberazioni. Qualora le delibere si discostino dal documento di proposta partecipata, le autorità decisionali devono darne esplicita motivazione nel provvedimento stesso". Fonte: https://demetra.regione.emilia-romagna.it/al/articolo?urn=er:assemblealegislativa:legge:2018;15
Project Cycle Management (PCM)
Project Cycle Management (PCM) favorisce la partecipazione dei portatori di interesse nella vita dei progetti mediante incontri partecipativi strutturati che prevedano la presenza di un moderatore o facilitatore professionista il quale, non essendo né un esperto della materia né un portatore di interessi, aiuta grazie anche alla sua neutralità il gruppo degli attori-chiave a prendere, in forma chiara e in tempi ragionevoli, le necessarie decisioni in merito al progetto di cui si sta trattando. La facilitazione assicura fondamentalmente che ogni attore abbia uguale peso nella presa di decisioni; inoltre migliora la comunicazione e favorisce un clima di collaborazione tra gli attori-chiave o partner del progetto. Il PCM prevede la realizzazione di eventi partecipativi lungo tutto il ciclo di vita di un progetto. Tuttavia, l’evento partecipativo più importante in un progetto è nella fase di progettazione strategica (Identificazione), quando per la prima volta e in modo paritario il gruppo di attori-chiave dà vita all’idea progettuale. La metodologia di progettazione strategica proposta dal PCM è nota come Approccio del Quadro Logico (AQL). Nel workshop partecipativo di progettazione strategica con l’AQL, identification workshop, il gruppo di attori e decisori è portato ad analizzare i problemi riguardanti la situazione di partenza e, in base a questa analisi, a definire una strategia progettuale tramite la redazione della matrice del Quadro Logico. Fonte: Dipartimento della Funzione Pubblica-Formez, Federico Bussi e Mariarosa Russo “Costruire l’Albero dei Problemi e l’Albero degli Obiettivi” http://fondistrutturali.formez.it/sites/all/files/7.2.4_vl_costruire_albero_problemi_obiettivi_0.pdf
Public Participation Spectrum
Public Participation Spectrum è costituito da cinque livelli di partecipazione pubblica, che vanno dalla semplice informazione del pubblico sulla decisione da prendere al conferimento del potere decisionale finale nelle mani del pubblico. Ogni livello comporta un obiettivo esplicito. I cinque livelli e i relativi obiettivi dello Spectrum sono: Informare - fornire al pubblico informazioni equilibrate e obiettive per aiutarlo a comprendere il problema, le alternative, le opportunità e/o le soluzioni. Consultare - per ottenere un feedback pubblico su analisi, alternative e/o decisioni. Coinvolgere - lavorare direttamente con il pubblico durante l'intero processo per garantire che le preoccupazioni e le aspirazioni del pubblico siano comprese e considerate in modo coerente. Collaborare - collaborare con il pubblico in ogni aspetto della decisione, compreso lo sviluppo di alternative e l'identificazione della soluzione preferita. Responsabilizzare - mettere il processo decisionale finale nelle mani del pubblico. Fonte: EPA (Environmental Protection Agency) United States https://www.epa.gov/international-cooperation/public-participation-guide-glossary-guide-terms
R
Referendum
Il referendum, come strumento di democrazia diretta o partecipativa, può essere adottato così come regolato dalle norme, oppure essere adattato al contesto con una procedura ridisegnata. Nel primo caso, l’esito del referendum può avere maggiore forza giuridica nei confronti delle autorità che devono recepirlo, ma può risultare anche molto costoso (perché gli ambiti territoriali sono definiti rigidamente, sempre troppo grandi o troppo ristretti) e scarsamente rappresentativo (perché essendo definiti rigidamente, gli ambiti territoriali possono comprendere parti di residenti poco coinvolti dalla questione ed escluderne altre al contrario molto coinvolte – inoltre anche la definizione di cittadino residente esclude alcune fasce di età giovanile, residenti stranieri, persone di passaggio, utenti o turisti, ecc.). Nel secondo caso, pur non avendo forza giuridica, la sua procedura può essere meglio disegnata e contestualizzata, risparmiando risorse e migliorando la rappresentatività (capacità di fornire una buona rappresentazione statistica della popolazione). Il referendum è considerato un ottimo strumento che permette di avere buona rappresentatività della popolazione su poche posizioni chiare, non richiede molto tempo e permette un basso sforzo di spostamento alle persone partecipanti, permette una massima semplicità di espressione, dunque non richiede particolari capacità comunicative alle persone partecipanti. È generalmente uno strumento di chiusura del processo. Rimane uno strumento generalmente costoso, soprattutto nella fase di spoglio, con un grado variabile rispetto alle esigenze di controllo reciproco degli attori coinvolti. Tali costi possono essere fortemente ridotti con l’ausilio delle tecnologie informatiche e il voto online, che i referendum personalizzati possono tranquillamente utilizzare. Si tratta di definire bene con gli attori del TdN, e magari testarle prima di organizzare il referendum, l’ambito territoriale, le forme e le procedure di voto e verifica. Fonte: Tecnico di garanzia della partecipazione Emilia-Romagna in https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/servizi/linee-guida-per-la-progettazione/copy_of_gli-strumenti-di-democrazia-diretta-deliberativa-partecipativa-dddp
S
Scatola delle idee
Si veda Idea Boxes®
Scenario Workshop
Scenario Workshop (nei paesi anglosassoni denominato anche Scenario building process) è un metodo con il quale è possibile delineare e elaborare in maniera sistematica diversi scenari futuribili, che devono risultare anche plausibili. È una tecnica per descrivere uno sviluppo di lungo termine ambientato in diverse situazioni di contesto, proponendosi di anticipare il corso degli eventi e di individuare dei momenti topici in cui possano avvenire dei cambiamenti apportatori di profonde conseguenze per il futuro di un gruppo, di un’impresa, di una comunità, di una regione o di una società. La tecnica Scenario viene impiegata per lo più nell’ambito degli Scenario Workshop e delle Scenario Conference. La selezione delle persone partecipanti è in capo alle organizzazioni che affidano l’incarico di condurre il processo e può comprendere decisori politici, esperti/e, cittadine e cittadini comuni. Questo processo funziona in particolare con gruppi di media grandezza (intorno ai 25-30 partecipanti); si può però impiegare anche con gruppi di maggiori dimensioni (da 140 a 250 partecipanti), nel qual caso la consultazione ha luogo nell’ambito di piccoli sottogruppi e di forum. Fonte: Patrizia Nanz e Miriam Fritsche “La partecipazione dei cittadini: un manuale. Metodi partecipativi: protagonisti, opportunità e limiti”, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/documentazione/la-partecipazione-dei-cittadini-un-manuale/documenti/la-partecipazione-dei-cittadini-un-manuale
Search Conference
Search Conference (conferenza di indagine) è un metodo di progettazione partecipata che ha per oggetto un futuro realizzabile (più desiderabile di quello prevedibile oppure un futuro radicalmente diverso e inatteso). Nel corso di una Search Conference, che dura da due a tre giorni, 35-40 partecipanti stabiliscono qual è il futuro più desiderabile per il sistema di cui sono parte e formulano le strategie creative per realizzarlo. La conferenza tipo deve essere coordinata almeno da due facilitatori. Fase 1: Tendenze generali. Il processo ha inizio con un elenco di osservazioni relative ai mutamenti in atto nel mondo circostante. Il metodo è quello del brainstorming. Tutte le osservazioni vengono riportate su fogli che vengono appesi ai muri della stanza. Ognuno può vedere che le proprie percezioni sono parte costitutiva di quelle dell’intero gruppo. Una volta che la visione del più ampio sistema è sotto gli occhi di tutti, i soggetti partecipanti sono pronti a valutarne le tendenze di fondo. A questo scopo si dividono di solito in quattro gruppi, all’interno dei quali nominano un verbalizzatore e un relatore, e sulla base del lavoro svolto in precedenza collettivamente incominciano a distinguere tra tendenze desiderabili e probabili. Ogni gruppo costruisce in questo modo un proprio Possibile Scenario che in seguito illustra in riunione plenaria, dove i temi comuni vengono rilevati e combinati in due scenari complessivi, quello relativo ai futuri probabili e quello relativo ai futuri desiderabili. Fase 2: Tendenze che influenzano. Il procedimento è identico a quello della fase 1, solo che questa volta il brainstorming riguarda le tendenze in atto nel sistema più specifico enucleato. L’indagine si concentra sulle tendenze desiderate e probabili che lo influenzano. L’operazione è simile a quella della fase 1 ma molto più dettagliata. Fase 3: L’evoluzione storica. Si passa ad analizzare l’evoluzione del sistema, perché e come è venuto a crearsi, qual è la sua forma attuale e soprattutto quali i suoi punti di forza e quali di debolezza; l’obiettivo è quello di arrivare ad una nozione condivisa di quello che il sistema effettivamente è e conoscerne la sua vera storia. Questa fase è di particolare interesse per le persone partecipanti perché le mette a conoscenza di informazioni che in passato gli sono state precluse. Fase 4: La visione futura. Questa è la fase dove creatività e innovazione sono più che mai necessarie e il futuro del sistema può essere disegnato usando le informazioni finora ottenute. La creatività viene stimolata spingendo le persone prima a pensare soluzioni innovative e solo poi a valutarne la fattibilità. Questa attività viene svolta in piccoli gruppi che scambiano il loro lavoro con gli altri gruppi. In questo modo la selezione delle idee considerate migliori viene svolta senza condizionamenti. La fase si chiude con la discussione sui vari lavori ottenuti e con la produzione di uno scenario collettivo. Fase 5: Strategie. I piccoli gruppi si concentrano sulla formulazione di strategie che possano portare a compimento la visione di futuro desiderabile. Tutti i gruppi hanno a disposizione lo stesso documento che sottolinea gli aspetti principali dello scenario ottenuto, in modo da lavorare per lo stesso obiettivo. La presentazione delle strategie ottenute viene effettuata da altri piccoli gruppi (si noti che in questa fase soluzioni o strategie sono molto più specifiche e dettagliate, a dimostrazione dell’evoluzione del processo di search conference). In questo modo è possibile pensare a come implementare le strategie emerse, dopo aver epurato quelle considerate inadatte. Si apre un nuovo dibattito imperniato sulla fattibilità delle strategie implementative ricordandosi delle tendenze del contesto d’azione individuate durante le fasi iniziali. L’ultimo passo prevede un’interrogazione rivolta ad ogni singolo partecipante su come voglia impegnarsi nella vita di tutti i giorni per agevolare la riuscita del piano; con seguente redazione di un documento indicativo che sia di riferimento per tutto il gruppo. Fonte: Luigi Bobbio “A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi”, http://focus.formez.it/sites/all/files/Bobbio%20L._A%20pi%C3%B9%20voci.pdf
Sindrome DAD (Decido-Annuncio-Difendo)
Si tratta di una modalità di consultazione “a valle” del ciclo di vita del processo decisionale, con la quale il decisore politico, forte della legittimazione ottenuta dal mandato, sceglie di elaborare e conseguire un progetto, concordandone gli aspetti strategici con tecnici e in tavoli di concertazione bilaterali, in particolare con quegli attori che si ritiene imprescindibile coinvolgere. Si creano così eventi informativi che hanno soltanto la finalità di difesa tecnico/giuridica della decisione, senza fare un’opera di ascolto e inclusione, che è fondamentale nei processi di informazione, soprattutto quelli riguardanti opere controverse. Fonte: Regione Emilia-Romagna “Partecipare e decidere. Insieme è meglio. Una guida per amministratori e tecnici” https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/partecipazione-1
Sindrome Nimby (Not in My Back Yard - Non nel mio giardino)
Sindrome Nimby indica il rifiuto di progetti che abbiano qualsiasi legame con l’ambiente in cui si risiede. Esprime il timore di possibili danni alla propria salute, di diminuzione del valore di proprietà immobiliari e della qualità della vita (rumori molesti, odori sgradevoli, etc.), di effetti negativi sul traffico, sul paesaggio e sull’ecosistema. Fonte: Regione Emilia-Romagna “Partecipare e decidere. Insieme è meglio. Una guida per amministratori e tecnici”, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/partecipazione-1
Sindrome NIMO (Not In My Office)
Sindrome NIMO è da intendersi come tendenza alla de-responsabilizzazione diffusa, all’interno delle istituzioni e dei vari uffici, rispetto alla risoluzione del conflitto in corso da gestire o all’eventualità di intraprendere o sostenere percorsi di processi decisionali inclusivi. Fonte: Regione Emilia-Romagna “Partecipare e decidere. Insieme è meglio. Una guida per amministratori e tecnici”, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tutte-le-pubblicazioni/pubblicazioni/partecipazione-1
Social Return On Investment (SROI)
SROI – acronimo di Social Return On Investment – è una metodologia basata sull’analisi costi-benefici e quantifica il valore sociale attraverso indicatori associati ai risultati raggiunti. SROI può essere inquadrata anche come un processo di comprensione, misurazione, gestione e comunicazione dei valori sociali, ambientali ed economici generati da un’organizzazione o da un progetto e il suo scopo è quello di esaminare, qualitativamente e quantitativamente, il processo di generazione del valore sociale dell’intervento o dell’organizzazione. Fonte: Maurizio Busacca, Alessandro Caputo, “Valutazione, apprendimento e innovazione nelle azioni di welfare territoriale”, in Rivista Studi e ricerche, Università Ca’ Foscari, Venezia, 2020, https://edizionicafoscari.unive.it/media/pdf/books/978-88-6969-409-7/978-88-6969-409-7-ch-04.pdf
Sociocrazia
Sociocrazia è un approccio sistemico che guarda all’organizzazione e al processo decisionale (di tipo collaborativo). È un metodo decisionale ed organizzativo in cui ogni individuo è riconosciuto, in questo modo l’intelligenza collettiva serve una decisione supportata da tutti. Può essere usata in ogni tipo di contesto organizzato, cioè dove le persone vogliono realizzare qualcosa insieme. Dalle decisioni prese con l’assenso, emergono maggior efficienza ed impegno alla loro realizzazione. I momenti di feedback/verifica, inclusi nei processi decisionali e nella struttura dell’organizzazione, conferiscono sia stabilità che agilità. Fonte: http://sociocrazia.org/
Sondaggio deliberativo (Deliberative Polling® )
Si veda Deliberative Polling®
Stakeholder (oppure Tavolo degli Stakeholder)
Letteralmente stakeholder (to hold a stake) significa possedere o portare un interesse, un titolo, inteso (quasi) nel senso di un "diritto". In sostanza, lo stakeholder è un soggetto (una persona, un'organizzazione o un gruppo di persone) che ritiene di detenere un "titolo" per entrare in relazione con una determinata organizzazione. Un soggetto le cui opinioni o decisioni, i cui atteggiamenti o comportamenti, possono oggettivamente favorire od ostacolare il raggiungimento di uno specifico obiettivo dell'organizzazione. Gli stakeholder possono essere suddivisi in tre macro-categorie: 1. istituzioni pubbliche: enti locali territoriali (comuni, province, regioni, comunità montane, ecc.), agenzie funzionali (consorzi, camere di commercio, aziende sanitarie, agenzie ambientali, università, ecc.), aziende controllate e partecipate; 2. gruppi organizzati: gruppi di pressione (sindacati, associazioni di categoria, partiti e movimenti politici, mass media), associazioni del territorio (associazioni culturali, ambientali, di consumatori, sociali, gruppi sportivi o ricreativi, ecc.); 3. gruppi non organizzati: cittadini e collettività (l'insieme dei cittadini e delle cittadine componenti la comunità locale). Gli stakeholder rappresentano quindi una molteplicità complessa e variegata di "soggetti portatori di interesse della comunità". Per rilevare le categorie degli stakeholder è necessario analizzare il contesto e la collettività di riferimento che l'Amministrazione si trova a governare. Dopo la fase di "mappatura dell'esistente" occorre individuare gli stakeholder che si vogliono coinvolgere nell'ambito dell'intervento considerato. Tale scelta deve tener conto del livello decisionale da utilizzare; la segmentazione delle classi degli stakeholder va pertanto definita rispetto al grado di coinvolgimento degli stessi nella formulazione delle politiche considerate. Si possono individuare gli stakeholder attraverso diverse metodologie; una di queste indica come principi per la loro identificazione la capacità di influenza e quella di interesse che essi sono in grado di esercitare: 1. occorre definire i "fattori di influenza" di ciascun stakeholder individuato. La capacità di influenza dei singoli portatori di interesse è determinata dalla loro: dimensione, rappresentatività, risorse attuali e potenziali, conoscenze e competenze specifiche, collocazione strategica; 2. occorre stabilire il "livello di interesse" di ciascun stakeholder rispetto alla sua l'incidenza e alla sua "capacità di pressione". Il "livello di interesse" è stabilito da due fattori: l'incidenza della politica considerata rispetto alla sfera di azione e agli obiettivi del portatore di interesse individuato e dalle iniziative di pressione che gli stakeholder possono mettere in campo per promuovere o rivendicare i propri interessi o per favorire una propria partecipazione al processo decisionale. Fonte: Dipartimento della Funzione Pubblica, http://qualitapa.gov.it/sitoarcheologico/www.urp.it/sito-storico/potawatomi.netribe.it/urpdegliurp/Sezione.jsp-idSezione=783.html
SWOT Analysis
SWOT Analysis è uno strumento di pianificazione strategica che serve ad evidenziare le caratteristiche di un progetto, di un programma, di un’organizzazione e le conseguenti relazioni con l’ambiente operativo nel quale si colloca, offrendo un quadro di riferimento per la definizione di orientamenti strategici finalizzati al raggiungimento di un obiettivo. L’analisi SWOT consente di ragionare rispetto all’obiettivo che si vuole raggiungere tenendo simultaneamente conto delle variabili sia interne che esterne. Le variabili interne sono quelle che fanno parte del sistema e sulle quali è possibile intervenire; quelle esterne invece, non dipendendo dall’organizzazione, possono solo essere tenute sotto controllo, in modo di sfruttare i fattori positivi e limitare i fattori che invece rischiano di compromettere il raggiungimento degli obiettivi prefissati. La SWOT Analysis si costruisce tramite una matrice divisa in quattro campi nei quali si hanno: i punti di forza (Strengths), i punti di debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities), le minacce (Threats). I vantaggi di una analisi di questo tipo si possono sintetizzare in tre punti: 1. la profonda analisi del contesto in cui si agisce, resa possibile dalla preliminare osservazione e raccolta dei dati e da una loro abile interpretazione si traduce in una puntuale delineazione delle strategie; 2 il raffronto continuo tra le necessità dell’organizzazione e le strategie adottate porta ad un potenziamento della efficacia raggiunta; 3. consente di raggiungere un maggiore consenso sulle strategie se partecipano all’analisi tutte le parti coinvolte dall’intervento. I limiti legati a questo tipo di analisi sono sostanzialmente: 1. rischio di descrivere la realtà in maniera troppo semplicistica; 2. la sua attuazione richiede un contesto di partnership che se non si realizza, si corre il rischio di uno scollamento tra il piano teorico e quello politico/pragmatico; 3. rischio di procedure soggettive da parte del team di valutazione nella selezione delle azioni. Fonte: Dipartimento della Funzione Pubblica, http://qualitapa.gov.it/sitoarcheologico/relazioni-con-i-cittadini/utilizzare-gli-strumenti/analisi-swot/index.html
T
Tavolo di negoziazione (TDN)
Un Tavolo di negoziazione è un gruppo di discussione a cui accedono gli attori per discutere e raggiungere un accordo su un obiettivo comune. Per attori (o portatori di interessi) si intendono coloro in grado di mobilitare risorse di vario tipo (culturali, economiche, politiche) su una determinata questione. Possono essere: enti funzionali o territoriali (che agiscono come fornitori di pareri, servizi, risorse nei confronti dell'ente titolare della decisione), proprietari di terreni o immobili, marchi o tecnologie, organizzazioni di categoria, sindacati, associazioni, comitati locali, imprese. L’obiettivo di un Tavolo di Negoziazione può essere di tre tipi: 1. un accordo sul processo partecipativo relativo ad un problema/obiettivo politico comune. L’accordo appunto riguarda l'adesione o l'impegno a partecipare ad un percorso di discussione organizzato su un problema comune; 2. un accordo sull’obiettivo. In questo caso gli attori, oltre a condividere il processo, propongono diversi scenari sui quali gli stessi attori trovano una mediazione o un compromesso, selezionando un singolo scenario condiviso, in tal caso sarebbe preferibile fare anche un passaggio di verifica allargata con i/le cittadini/e attraverso degli strumenti che favoriscono una maggiore rappresentatività; 3. un accordo sul conflitto. In questo caso gli attori propongono diversi scenari sui quali però non trovano concordia. Però, avendo accettato il processo partecipativo/deliberativo, vengono coinvolti nella discussione con i cittadini e le cittadine e si impegnano ad accettare l’esito di tale percorso. Fonte: Tecnico di garanzia della partecipazione Regione Emilia-Romagna, in https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/documentazione/il-tavolo-di-negoziazione
Teatro dell’oppresso (TdO)
Il Teatro dell’Oppresso (TdO) nasce negli anni ‘50 grazie ad un percorso di ricerca di Augusto Boal, uomo di teatro brasiliano, che approderà ad una forma di teatro politico e sociale del tutto nuova. Nel metodo del TdO ogni partecipante sperimenta direttamente le rigidità e i modelli consolidati, sia corporei che comunicativi, che ognuno di noi acquisisce nella vita quotidiana. Grazie al confronto con l’altro, il partecipante comincia a prendere coscienza dei modelli consolidati analizzandoli e sperimentandoli criticamente, per dare inizio ad un processo di cambiamento. Il TdO non intende formulare nessuna verità assoluta, ma si configura come un metodo che permette agli individui di confrontarsi e di dialogare con l’altro, al fine di (ri-)costruire risposte nuove e non stereotipate. Il TdO è un’occasione per comprendere meglio le dinamiche e le situazioni vivendole da prospettive differenti e per sollecitare le competenze empatiche dei partecipanti: i partecipanti assumono ruoli che non corrispondono a quelli della loro vita quotidiana scardinando in questo modo le proprie routine e forzandosi a entrare in un’altra prospettiva. Fonte: Regione Emilia-Romagna, https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/beni-comuni/percorso-formativo-1/laboratorio1-teatro-delloppresso
Teatro Legislativo
Il Teatro Legislativo è una delle forme nelle quali si attua la tecnica del Teatro dell'Oppresso, ideata da Boal (si veda la relativa voce)
Technology of Participation (ToP)
Technology of Participation (ToP) è una metodologia per la gestione di gruppi di lavoro basata sul pensiero sistemico ed è particolarmente adatta alla costruzione di percorsi partecipati di progettazione e pianificazione strategica. Consente di guidare un gruppo nella definizione degli obiettivi a medio e lungo termine e delle azioni necessarie a realizzarli. Questa metodologia è basata su una serie incrementale di fasi di lavoro che, a partire dallo sviluppo di una visione futura, conducono il gruppo fino alla programmazione esecutiva delle attività da intraprendere. Fonte: Genius loci, https://www.loci.it/fare-il-facilitatore/approcci-tecniche/technology-of-participation-top
Tecnico di garanzia della partecipazione
Il Tecnico di garanzia della partecipazione, previsto dal comma 1 dell’art. 8 della L.R. 15/2018, è un dirigente esperto nei temi della partecipazione, designato dal Presidente dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna con i seguenti compiti: a) fornisce materiali e documentazione utili per progettare e predisporre i processi di partecipazione; b) esamina le proposte di progetto e ne certifica la qualità ai fini della concessione dei contributi; c) esamina le proposte di progetti partecipativi per i quali non è stata inoltrata domanda per la concessione del contributo, presentate solo al fine della certificazione di qualità; d) offre un supporto di consulenza metodologica all'elaborazione e alla conduzione dei processi partecipativi; e) offre un supporto nella comunicazione via web ai processi partecipativi ammessi al contributo regionale; f) svolge un ruolo di mediazione finalizzata alla partecipazione e di promozione del confronto democratico; g) elabora orientamenti e linee guida per la progettazione e conduzione dei processi partecipativi; h) realizza e cura un sito web dedicato a diffondere notizie e documentazione attinenti alla democrazia partecipativa e le proprie attività; i) propone obiettivi di qualificazione professionale in materia partecipativa dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni per migliorare la loro attività nel rapporto con i cittadini; j) valuta in itinere ed ex post lo svolgimento dei processi partecipativi ammessi al contributo regionale. Fonte: Regione Emilia-Romagna, Legge Regionale 15/2018, https://demetra.regione.emilia-romagna.it/al/articolo?urn=er:assemblealegislativa:legge:2018;15&dl_t=text/xml&dl_a=y&dl_id=10&pr=idx,0;artic,1;articparziale,0&ev=1
Town Meeting
Il Town Meeting si articola in vari tavoli di discussione, composti da 8-10 persone, con un facilitatore e un verbalizzatore. Dopo la discussione sulla domanda posta al tavolo di discussione, vengono formulate alcune opzioni (come quelle di un questionario a risposte chiuse) e richiesto alle persone partecipanti di esprimere una propria preferenza, attraverso varie modalità, che di solito garantiscono l’anonimato. Le sue varianti sono: New England Town Meeting; Electronic Town Meeting (ETM); 21st Century Town Meeting. Fonte: Tecnico di garanzia della partecipazione Regione Emilia-Romagna, in https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/servizi/linee-guida-per-la-progettazione/copy_of_gli-strumenti-di-democrazia-diretta-deliberativa-partecipativa-dddp
Town Meeting 21th Century
Il 21th Century Town Meeting è uno strumento che permette di svolgere una discussione e di prendere decisioni a un vasto gruppo di persone (alcune centinaia o alcune migliaia). Le persone partecipanti si raccolgono in un'unica sede e si riuniscono in piccoli gruppi (10-12 persone) assistiti da un facilitatore. Ogni gruppo ha a disposizione un computer collegato in rete che trasmette i contenuti della propria discussione a un’istanza centrale che li rielabora e li ripropone all’intera platea. È possibile conoscere in tempo reale le opinioni dei partecipanti mediante lo strumento del televoto. La selezione delle persone che partecipano può essere fondata sul sorteggio, su inviti o può essere volontaria. Fonte: Participedia in https://participedia.net/en/methods/21st-century-town-meeting
Town meeting elettronico (ETM)
Town meeting elettronico (ETM) è uno strumento di confronto deliberativo che permette il coinvolgimento di grandi gruppi di persone – da qualche decina a diverse centinaia – nella discussione su un tema nel corso di un’unica giornata, con persone partecipanti anche da sedi diverse e in diverse lingue. Il metodo coniuga il vivo della discussione per piccoli gruppi con l’elettronica, e permette una gestione fluida e tempestiva delle informazioni. Tutti gli individui partecipanti, seduti in piccoli gruppi, sono aiutati a discutere da una facilitatrice. Ogni tavolo ha un computer collegato in rete con gli altri, grazie al quale vengono inviati i commenti dei gruppi ad una regia centrale, che li sintetizza e li presenta all’intera sala. Inoltre, grazie alla tecnologia, è possibile esprimere le preferenze individuali, con un sistema di televoto elettronico, che permette alle persone partecipanti di rispondere alle domande che vengono proiettate sui maxischermi. La giornata si conclude con un instant report, contenente tutti gli esiti dei lavori e delle votazioni. Fonte: Avventura Urbana. Si può vedere anche https://governopartecipazionedemocrazia.wordpress.com/strumenti-di-partecipazione/town-meeting/cose/
W
Wisdom Council
Wisdom Council (letteralmente “i consigli di saggezza”) è un metodo che punta a trovare soluzioni a problemi sociali pressanti, facendo esprimere l’opinione pubblica unitariamente, attraverso una sola voce. Un Wisdom Council è composto da un gruppo di 8-12 partecipanti scelti a caso, che elaborano delle soluzioni per i problemi all’ordine del giorno seguendo il metodo detto della “facilitazione dinamica”. Chi in questo contesto ricopre il ruolo di facilitatrice ha dei compiti simili a quelli di un moderatore tradizionale e fa in modo che ogni osservazione dei soggetti partecipanti venga presa in considerazione e trattata con pari dignità, senza discriminazioni. Il facilitatore non definisce però la struttura dei Wisdom Council, né fissa l’ordine del giorno. Inoltre, nel corso delle conversazioni suddivide le affermazioni dei soggetti partecipanti in base a quattro categorie: problemi, soluzioni, riserve rispetto alle soluzioni e, infine, dati e fatti. Lo scopo è quello di assemblare insieme le idee e i suggerimenti in modo da arrivare a una soluzione del problema creativa e condivisa. Un Wisdom Council dura due giorni: il primo giorno, con il supporto della facilitatrice/facilitatore, le persone partecipanti definiscono il tema del quale il gruppo intende occuparsi. Il secondo giorno i partecipanti si scambiano riflessioni e idee sul tema. Fonte: Patrizia Nanz e Miriam Fritsche “La partecipazione dei cittadini: un manuale. Metodi partecipativi: protagonisti, opportunità e limiti” https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it/tecnico-di-garanzia/documentazione/la-partecipazione-dei-cittadini-un-manuale/documenti/la-partecipazione-dei-cittadini-un-manuale
World Cafè
Il World Cafè è una metodologia che permette la discussione in piccoli gruppi su tematiche proposte dal facilitatore. Le persone partecipanti possono spostarsi da un tavolo all’altro per ascoltare le idee che sono state discusse anche ad altri tavoli. Ciò permette una reale contaminazione e condivisione di idee e proposte e favorisce lo sviluppo di idee creative ed innovative. Fonte: Genius Loci, World café, https://www.loci.it/index.php/fare-il-facilitatore/approcci-tecniche/world-cafe