Coworking al Gattaglio
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Processo
Stato di avanzamento
Concluso
Natura Processo
Processo non certificato
Durata (mesi)
12
Gestione di Processo
Caratteristiche
Indirizzo
Piazza Prampolini, 1, 42121 Reggio Emilia
Mappa di Impatto
Ambito di intervento
Tematica specifica
Tipo di partecipazione
Partecipazione volontaria
Codecisione
Sì
Tra i soggetti partecipanti si registra la presenza femminile
Non indicato o dato non disponibile nelle fonti consultate
Riscontro della prevalenza di genere fra i partecipanti
Non indicato o dato non disponibile nelle fonti consultate
Conciliazione con tempi di vita e lavoro dei partecipanti nella gestione del processo
Non indicato o dato non disponibile nelle fonti consultate
Anno di avvio
Anno di chiusura
2023
Fasi del percorso
Dove prima c’era un magazzino, ora ci sono scrivanie, luce, colore, un’area relax, uno spazio condiviso per lavorare e studiare insieme. È il nuovo coworking dello storico centro sociale Gatto Azzurro nel quartiere Gattaglio. Ma non chiamiamolo solo coworking, perché l’offerta è differenziata e si adegua alle esigenze in divenire, un nuovo modello di ‘coworking di prossimità’ aperto ai cittadini e immerso in una rete di relazioni. Dopo settimane di sperimentazione e migliorie per renderla più funzionale possibile, è ora ufficialmente aperta al Gattaglio una sala coworking, dove ai liberi professionisti in cerca di postazioni a basso costo, agli smart workerdesiderosi di condividere costi, contatti e idee, si affiancano studenti, in una tendenza in atto da tempo e accelerata dal Covid, tra nuove esigenze private e politiche urbane.La sperimentazione di un coworking al Gattaglio è un esito del percorso formativo ‘Lavoro Vita Benessere. Work life balance e parità di genere’, promosso da Comune di Reggio Emilia, Legacoop Emilia Ovest, CGIL Reggio Emilia, Cisl Emilia Centrale e sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna, percorso che il Comune di Reggio ha deciso di proseguire con uno studio sperimentale per i servizi di prossimità, nell’ambito delle attività del Laboratorio aperto di Reggio Emilia finanziate con Fondi Europei Por-fesr. L’idea originale che ha attivato questo progetto è nata dall’osservazione di un fenomeno spontaneo: nella lunga emergenza pandemica, che ha costretto molti settori a convertirsi in modalità ‘smart’ e ad adottare il lavoro a distanza, appena si è potuto rimettere il naso fuori di casa, i centri sociali hanno cominciato ad ospitare persone che, obbligate al lavoro da remoto, si mettevano a lavorare al tavolo del bar. Una cosa è un fenomeno spontaneo, un’altra è verificare le condizioni e costruire un luogo adeguato ad ospitare questo tipo di lavoratori. La sfida raccolta dalla ricerca è stata capire se il centro sociale potesse effettivamente diventare un ambiente fisico e sociale adeguato ad ospitare le diverse tipologie di lavoratori da remoto.Reggio a differenza di altre ha già una rete infrastrutturale, quella dei centri sociali, con una loro storia e identità, in cui è possibile innestare questa nuova funzione, traendone benefici per le persone, per il quartiere e per la città intera. Ci sono due differenti tipologie di lavoratori interessati: si tratta degli smart worker e dei freelance, i primi sono lavoratori dipendenti che svolgono il proprio lavoro al di fuori delle mura aziendali ma che non necessariamente vogliono lavorare a casa; ci sono poi i freelance, una popolazione, sempre più grande, di liberi professionisti di tipo ‘moderno’ (cioè non avvocati, commercialisti, medici, ma grafici, copywriter, consulenti di vario genere, lavoratori digitali) che non hanno un ufficio aziendale e ricercano un luogo di lavoro diverso dal proprio domicilio. La ricerca condotta al Gattaglio ha mostrato che per entrambi l’abitazione è limitante e fonte di criticità, come l’isolamento sociale, mentre il centro sociale vicino a casa può essere la soluzione ideale al bisogno di chi cerca uno spazio di lavoro flessibile, ma anche un luogo stimolante, dove interagire con altre persone e realtà diverse”. La ricerca è stata condotta con il metodo ricerca-azione, cioè di un’attività di co-progettazione strettamente connessa al contesto specifico, che ha visto la partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti, pubblici, privati, utenti lavoratori e studenti, che ha previsto all’inizio dei living lab, cioè laboratori che hanno messo al centro gli stakeholder e da cui sono emerse dal basso le caratteristiche dello spazio, in rapporto al contesto e agli utenti. Dopo questa fase si è passati alla sperimentazione vera e propria sul campo, con l’allestimento dello spazio e ospitando dei lavoratori, dai quali ricevere un feed-back; due focus group hanno successivamente analizzato i materiali, per ‘mettere a terra’ il progetto e dare delle indicazioni per la sua sostenibilità nel tempo e la sua replicabilità in altri luoghi, ovvero in altri centri sociali.
Impatto emergenza Covid19 sul processo
Processo non modificato
Utilizzo di piattaforme tecnologiche, metodologie e strumenti digitali
No
Figure Professionali
Territorio Interessato
Tecniche di Partecipazione
Obiettivi e Risultati
Obiettivi
dare una nuova agli spazi dei centri sociali; indagare il fabbisogno dei lavoratori; creare comunità mettendo in rete i diversi cowoker;
Risultati Attesi
Costruzione di spazi ibridi: coworking che sono anche centro sociale
Documenti di proposta partecipata approvati al termine del processo
No
Indice di partecipazione
Livello di partecipazione
PROGETTAZIONE PARTECIPATA
Crediti
Processo segnalato da
Osservatorio Partecipazione
Data ultima modifica: 22/05/2023